Nel ringraziarvi per esserci stati, quest’anno, sempre più numerosi e appassionati, compulsando, leggendo e commentando questo piccolo blog, vi propongo una breve rassegna dei post più condivisi e, almeno per me, importanti di questo lunghissimo 2013.

Tutto ha preso le mosse dalle lettere che ci siamo scambiati quest’anno.

E però siamo subito precipitati in una situazione a dir poco complicata: i sessanta giorni buttati via e il piano C che non abbiamo preso sul serio.

La colpa data a Twitter e a chi sta attaccato al tablet (quelli che stanno attaccati alla poltrona non c’entrano, evidentemente), il «Perché non Rodotà?» che ci ha giustamente ossessionato, il contestuale sacrificio di Prodi e il post in assoluto più condiviso, quello dedicato a quelli-di-sinistra-che-odiano-la-sinistra.

La fiducia non data al governo Letta (e un dibattito sull’alternativa negata che ci ha accompagnato per mesi, l’indignazione e l’energia pazzesca dei giorni di OccupyPd e, dall’altra parte della barricata, la coerenza dei dirigenti del Pd e le minacce di espulsione per i – pochissimi – dissidenti).

Un confronto aperto e duro con la folla, quella sera, fuori dalla Camera e un caffè difficile da dimenticare… per arrivare a un incontro con Stefano Rodotà e con quell’area che non si è (più) sentita rappresentata.

I ripetuti attacchi di Grillo, una cena che non c’è mai stata e il «cane da riporto» da esporre al pubblico ludibrio.

La mozione Giachetti e l’assurdo errore del Pd che ci trasciniamo ancora oggi.

Gli F-35 e lo slogan definitivo: «Mettete Fioroni nei vostri cannoni».

L’avvio parecchio incerto del Congresso (che fatica), il ruolo di outsider, un’idea di sinistra nonostante tutto.

A Reggio Emilia, la partenza di un viaggio verso quel posto dove ci sarebbe piaciuto andare (che non è la Siberia, come vorrebbe l’Apparato).

Il tentativo (difficile) di spiegare una posizione complicata, con un riferimento puntuale agli impegni presi e largamente disattesi).

Un’idea azionista alla Settis, una polemica con De Gregori (ci mancava solo De Gregori, che eravamo già messi benissimo), nella speranza (e nella convinzione) che un’altra Italia dovesse manifestarsi.

Una bella discussione sui mitici moderati e il ritorno della balena bianca (o forse era rosa, boh).

E poi la domanda delle domande e la sottile differenza tra visibilità e visione.

La difesa della civiltà a una festa della Lega, le parole di Tabacci e la retorica dei barconi che non si è fermata nemmeno dopo il lutto di Lampedusa.

E poi il Congresso e il suo punto politico fondamentale, collegato al tema della seconda fiducia, salutata troppo presto come un cambiamento epocale.

Il Corriere che mi ritira dalle primarie e un diabolico apprezzamento.

Morpheus e i gattini della campagna più creativa di tutti i tempi, almeno da queste parti.

La maledettissima Imu, le cose che avremmo potuto fare diversamente e le larghe intese che partoriscono un topolino.

E poi la lucida follia delle primarie e le tessere che si moltiplicavano da sole. E noi che insistevamo, contro tutto e contro tutti, con i pronostici che ci davano per spacciati e i giornali che ‘polarizzavano’, congelando il confronto delle primarie.

Il primo giorno da (non) segretario che mi sarebbe piaciuto interpretare, la proposta di devolvere i due euro delle primarie a una causa giustissima e, in corso d’opera, il riconoscimento del diritto di voto ai democratici all’estero.

Il ricatto e la pesante discussione sul caso Cancellieri, con la mia personalissima ammissione di incompiutezza e lo spazio per l’insulto libero (il momento forse più difficile di un anno non proprio semplicissimo).

E poi, ancora, le pillole da non invertire, il falso Fazio di Bologna, gli elettori del voterei ma non posso, il finale di partita, con l’immediata ripresa della ricognizione.

Per (non) finire (anzi), i primi impegni per il futuro e le tante cose da fare che continuerete a leggere qui, come succede da anni, con il quotidiano ringraziamento per i 25 e-lettori da parte del vostro affezionatissimo.

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