Scusate se mi permetto e se rompo il quadro unitario che ci accompagna e che ha ispirato le parole del premier in occasione della conferenza stampa di fine anno, ma sono molto d’accordo con gli ultimi caffè di Corradino Mineo. E con i commenti di molti parlamentari, che si dicono imbarazzati nel commentare le ultime questioni che abbiamo dovuto affrontare. Poi dissimulano, certo, per il bene del Paese. E con Gianni Cuperlo che pure tardivamente chiede un cambio di passo al governo, dopo averlo difeso a spada tratta per tutta la campagna delle primarie.

A me pare che in questi mesi non sia cambiato granché. Anzi. Mi pare che si sia affermato un modello conservatore accompagnato da un certo qual movimentismo di centro parecchio inconcludente.

Certo, è stato condannato Berlusconi. E però, quando era già stato condannato, l’abbiamo seguito nell’abolizione temporanea dell’Imu. Certo, ora si discute di legge elettorale, ma solo perché non lo si è fatto prima. Certo, ora si parla di Cie, perché nemmeno la tragedia di ottobre ha portato la maggioranza a intervenire (anzi, fu chiaro già allora che questa maggioranza non si sarebbe potuta permettere grandi cose sull’immigrazione).
Certo, si è evitato che la figuraccia fosse maggiore, in questo scorcio di dicembre, ma la figuraccia ce l’eravamo procurata da soli. E se siamo ancora qui a votare ci sarà un perché.
Certo, ora si ‘minacciano’ misure più egualitarie, forse perché in questi mesi non andavano di moda, chissà.

Ora tutti dicono, nei corridoi, che si andrà a votare nel 2014, perché lo schema non regge e Renzi ha fretta. Chissà se è vero. Chissà se una volta che avremo deciso così (finora abbiamo deciso il contrario, Renzi compreso) faremo in tempo. Perché Alfano si tradisce e ricorda che bisogna rifare i collegi elettorali e lo stesso Presidente della Repubblica fa notare che non si vota prima del benedetto semestre europeo, di cui tutti parlano come se fosse una sorta di Ramadàn, in cui certe cose non si possono fare. Soprattutto la politica.

In compenso, fioccano le promesse: nel 2014 sarà una specie di slot machine (absit iniuria verbis) in cui tutto tornerà al suo posto e si farà tutto quello che non siamo riusciti a fare: abolizione (vera) delle province, abolizione del Senato (forse), abolizione del finanziamento pubblico (più o meno).

L’unica cosa per ora abolita sono le elezioni. Tutto il resto lo vedremo.

Senza rimpasto (parola un po’ desueta a cui si è affidato il nuovo presidente del Pd), senza cambiare schema, senza ammettere gli errori e le incertezze di questi mesi. A cominciare dalla Costituzione, una piccola cosetta su cui abbiamo pasticciato. Auguri a tutti, ma non è negando la realtà che andremo lontano.

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