C’è in libreria un libro che dovreste leggere e dovrebbero leggerlo i potenti, i decisori, quelli dei vari recovery.

È di Byung-Chul Han, si intitola La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite (Einaudi, Stile libero, che ha già pubblicato un libro che si avvicina a questo, di cui abbiamo parlato, Bianco è il colore del danno di Francesca Mannocchi).

Non ne farò una recensione, mi interessa il punto politico del testo, che mi pare risuonare in tutte le vicende umane di questi tempi difficili.

Perché se non c’è più dolore, se siamo stati anestetizzati, se tutto intorno a noi è felicità, come siamo stati abituati a credere, non esiste nemmeno l’urgenza della cura.

Non se ne parla, della cura delle persone e delle comunità, del mondo stesso in cui viviamo. Del disagio economico e psicologico. Quest’ultimo è un vero tabù, un’altra parolaccia che non si può pronunciare.

Quando Macron ha destinato risorse per l’assistenza psicologica (le prime dieci sedute gratuite), Beatrice Brignone si è augurata lo si facesse anche in Italia. Risultato: una serie di commenti che confermano la tesi di Han.

Abbiamo ristorato, sostenuto, fatto debiti inimmaginabili, esteso coperture economiche ben oltre ciò che ci potevamo permettere, ma ci siamo dimenticati la cura delle persone. Che non è solo quella dal Covid – e dalle altre patologie, sospese da un anno e mezzo -, ma è quella del disorientamento, delle ansie, delle forme depressive che si stanno manifestando soprattutto tra i giovanissimi.

Se ne parla a titolo statistico, il meno possibile. E invece è la questione centrale, soprattutto della benedetta riapertura e del periodo che speriamo seguirà.

Anche il surreale dibattito sul coprifuoco come linea Maginot la dice lunga, lunghissima.

Vorrei sapere perché non si è cambiato l’orario con l’ora legale, ad esempio. Perché si è dato spazio alla destra più becera che ne sta facendo una incredibile bandiera, che trova ovvio ascolto in una popolazione sfinita.

E perché tutto è messo sul piano della colpa dei cittadini (ancora!) quando è fallito tutto quello che si poteva fare in termini di programmazione, tracciamento, studio delle varianti, misure di sicurezza (non solo i banchi a rotelle, eh), relazione tra Governo e Regioni, e solo adesso si vede l’attesa accelerazione sui vaccini.

Ecco. Che la cura diventi una questione politica. È ora.

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