Secondo me. Il problema è l’impianto.

Ogni settimana, ci tocca una prova. Il Mattarellum negato (e recuperato solo nei giorni scorsi), gli F-35 su cui abbiamo sorvolato, la pitonessa spostata più in là, la sospensione di oggi.

E tutti i rinvii del governo e le incertezze sul governo stesso, con gli attacchi quotidiani a tutto e tutti da parte degli esponenti del Pdl.

Ogni settimana bisogna decidere come comportarsi, e non è sempre facile tenere insieme quello che il Pd decide di fare – a volte senza discuterne – e quello che si pensa.

Vale per me, ma vale anche per molti altri.

E non è pilatesca l’astensione, è un voto che dice che non si è d’accordo, ma non si vuole rompere con il Pd.

Dopo avere evitato di votare Napolitano e non avere partecipato al voto di fiducia del governissimissimo, per i motivi che conoscete, sapevo che non sarebbe stato facile.

E non lo dico per me, lo dico per tutto il Pd, che ha fatto male a sostenere la lunga durata del governo, e ora lo dicono in tanti, dopo avere accompagnato le mie dichiarazioni con il sarcasmo di chi si diceva convintissimo dell’operazione e della sua ineluttabilità.

E non pensiate che sia semplice, anche spiegarlo: perché i colleghi, come è capitato oggi, ti danno dello sciacallo (sic), e decine di elettori ti scrivono per dire che devi uscire dal Pd.

Sono probabilmente il parlamentare che ha votato in sintonia con il proprio gruppo il minor numero di volte, a proposito del coraggio nel distinguersi. E non ho votato le cose più importanti, da cui dipendono tutte le altre.

Non lo dico con orgoglio, né penso che siano cretini tutti gli altri. Solo non ce la faccio. E somatizzo. E ci resto proprio male.

Avrei potuto votare contro e darmi fuoco, dice qualcuno, ma poi sarei uscito dal partito (almeno, così avrei dovuto fare, secondo coscienza). E non penso sia giusto. Anzi, penso che sarebbe sbagliato. E parecchio anche.

Perché forse se ne stanno rendendo conto tutti quanti, che non avevo tutti i torti.

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