Sono giorni di anniversari tristi e dolorosi, di un primo lockdown che ha visto morire troppe persone, anche molto care e vicine.

I dati dei contagi, dopo un anno, sono ancora altissimi. E in generale il sistema non ha saputo affrontare tempestivamente quasi nulla, non ha adottato le tecnologie né i servizi che aveva promesso di mettere in campo, le persone sono state lasciate sole, si sono arrangiate e in molti casi non ne possono più, dal punto di vista economico e prima ancora psicologico.

Certo, era una sfida difficile, però noi la pagheremo più cara di altri, per queste ragioni e per tutte le ragioni che c’erano anche prima della pandemia.

E poi vedo un certo lassismo, perché facciamo sempre le cose a metà, e i furbi si organizzano sempre, per esulare dalla norma. E fanno come se le regole non esistessero. Gli altri, quelli rigorosi, passano giorni lunghissimi e solitari oppure pieni di cose da fare, tra la DaD e il lavoro. Ovviamente a chi ha più di una casa è concesso di spostarsi, dove vuole. Chi ne ha una soltanto, invece, soprattutto se piccola, si attacca. Perché a un po’ di classismo, nemmeno nell’infuriare della pandemia, non sappiamo mai rinunciare. Mai e poi mai.

Non è andato tutto bene e non sta andando bene per niente nemmeno ora. A confermarlo l’incredibile vicenda – italiana ma prima europea – sui vaccini, in una confusione “generale” (absit) che non fa che peggiorare ancor più le cose.

Speriamo che queste settimane di lockdown (all’italiana) funzionino. E che i vaccini arrivino e soprattutto il sistema sappia finalmente organizzarsi perché arrivino alle persone.

Ogni giorno che passa sono vite umane che si perdono, miliardi di euro e di angosce. Per oggi e soprattutto per il futuro, che sembra definitivamente scomparso. Orizzonte? Quale orizzonte?

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