La Lombardia è la regione di tutti gli italiani, come abbiamo già detto (e lo diciamo a maggior ragione dopo aver trascorso vent’anni sotto il segno del localismo e della retorica della chiusura, proprio nella regione da sempre più aperta all’incontro, ai commerci e agli scambi).

Per diventarlo, o per tornare ad esserlo, anche sotto il profilo politico e amministrativo, il confronto deve aprirsi in due direzioni, soprattutto: verso le migliori realtà italiane e verso l’Europa, al di là delle Alpi.

La prossima Lombardia può diventare uno straordinario laboratorio se saprà far tesoro di quanto di buono c’è in tutta Italia, sapendo valorizzare le buone pratiche (e le buone politiche) del proprio territorio ma anche del territorio altrui, sapendo interagire con il governo nazionale con un ruolo di guida e di rappresentanza degli enti locali, superando la logica del confine e contestualmente per superare i limiti culturali e politici di questi anni. Senza complessi di superiorità, quindi, ma con la responsabilità di essere la più grande e la più ricca tra le regioni italiane, grazie al contributo dei cittadini che provengono non da un luogo soltanto, ma da molti.

Nello stesso tempo, la Lombardia non deve porsi “in competizione” soltanto con le altre Regioni italiane, ma anche con le migliori realtà europee, all’insegna di una politica che porti finalmente l’Europa nel dibattito politico regionale. Va ricordato che negli ultimi anni il tema europeo più discusso nella nostra regione è stato quello delle «quote latte». E il secondo quello della caccia in deroga alle normative europee (sottolineato: deroga), che il Consiglio regionale si trovava ogni anno ad affrontare nemmeno si trattasse della madre di tutte le battaglie. E questo la dice lunga sul profilo internazionale che lo stesso dibattito ha assunto, dalle nostre parti, da qualche legislatura a questa parte.

Una regione in cui, sotto il profilo politico, l’Europa è stata vissuta come se fosse ‘estranea’ da un’intera classe dirigente, anche perché non possiamo certo dimenticare che la classe politica che ha governato la Lombardia è la stessa che ha governato il Paese (la differenza è che in Lombardia lo ha fatto ininterrottamente dal 1995 ad oggi). E non possiamo certo dimenticare che – oltre alla straordinaria epopea dei ministeri del Nord, in Villa Reale, a Monza – quasi tutti i ministri dell’ultimo governo politico provenivano dalla nostra Regione, a cominciare dal primo ministro, dal ministro dell’Economia e da quello dell’Interno, per arrivare a chi avrebbe dovuto occuparsi di riforme e di semplificazione. Tutti orgogliosamente scettici nei confronti dell’Europa, della sua politica e delle sue istituzioni.

Dopo così tanto tempo, possiamo apprezzare i risultati di quella cultura politica. E il fatto che il modello lombardo abbia fatto fortuna anche a livello nazionale. Tra gli applausi scroscianti.

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