Se l’Unità ci seguisse con maggiore attenzione e continuità saprebbe che non siamo per nulla per l’ingovernabilità: al contrario stiamo costruendo un soggetto politico – Possibile – proprio per la realizzazione di un programma di governo.

Come il centrosinistra non fa dal 1995, con l’Ulivo e Prodi (non a caso l’unico ad avere scritto Governare l’Italia, un progetto per il Paese presentato prima di presentarsi alle elezioni, un programma scritto, preciso e non mutante come quello dell’attuale governo).

Per saperlo sarebbe bastato seguire la nostra iniziativa per “l’Italia Possibile”, che abbiamo tenuto a Verona domenica 13, con l’intervento di molti esperti proprio allo scopo di proseguire nell’elaborazione del programma. Riteniamo che, per dare concretezza alla politica, metterla davvero a servizio dei cittadini, essa, infatti, debba mirare a costruire e realizzare un programma di governo. Chiaro e stabile, non disposto a cambiare e trasformarsi (grazie ai trasformisti) sulla base di accordi opachi. Certo, inevitabilmente più radicale di quello di allora, perché le condizioni sociali sono peggiorate e con loro molti indicatori sul benessere dei nostri concittadini.

Quindi, no: non sono per l’ingovernabilità. Non credo però che la governabilità sia un valore in sé. Anche quando, in particolare, totalmente separato dalla volontà dei cittadini. Non credo che, pur di avere un governo, si possa trasformare una minoranza anche esigua in maggioranza, come fa l’Italicum. Questo ho sostenuto nell’intervento che ha suscitato tanta inconsueta attenzione da parte de l’Unità.

È un sistema, l’Italicum, che non premia per nulla chi raggiunge il 50%, ma soltanto chi arriva primo o – subito – se raggiunge il 40% o nel ballottaggio tra i primi due (a prescindere da quanti voti abbiano preso). Con la possibilità che chi ha preso il 20% ottenga il 55% alla fine, modificando in modo clamoroso la composizione del Parlamento, lasciando fuori – nel caso spagnolo – tutte le novità di questa tornata elettorale. Secondo voi, con un sistema così, la sfiducia degli elettori aumenta o diminuisce?

Ora, mi pare evidente che questo, pur consentendo la formazione di un governo, finisca per sacrificare moltissimo la volontà dei cittadini, fino – potenzialmente – a smentirla. E questo non può essere il prezzo per formare un governo, in un ordinamento democratico. Infatti, in tanti secoli, nessuno nel mondo aveva pensato a introdurre l’Italicum e – nonostante il premier e la ministra pensassero e dicessero il contrario – nessuno ce lo ha poi copiato.

Ma capisco che questo sembri incredibile a chi pensa che il governo non implichi il lavoro su un progetto di paese ma semplicemente la somma di un po’ di parlamentari, fino a raggiungere la maggioranza numerica (che è uno schema, in effetti, molto italicum e già molto praticato).

Peraltro, a proposito di fasi convulse del dopo-voto, ricordo che all’inizio della legislatura si è scelto di bocciare Prodi Presidente e di fare un governo con Berlusconi (!) prima a tempo, poi senza limite. Ora è vero che Berlusconi non c’è più, ma in eredità ha lasciato Alfano e Verdini, Formigoni e altri. Chi come me chiese un governo senza Berlusconi e senza destra, con una figura ‘terza’ che avrebbe potuto fare il premier, è stato preso a pallonate. Le alternative ci sarebbero anche, basterebbe non ucciderle, con precisione da cecchini.

Da ultimo, leggo che la minoranza del Pd, che pure ha votato l’Italicum, nella prima e nella seconda versione, rimanendo nel Pd dopo quell’incredibile episodio della fiducia multipla sulla legge elettorale, dice più o meno le stesse cose. Speranza, a lungo capogruppo, entusiasta delle larghe intese (che salutò con un ardito parallelismo con Moro e Berlinguer), ora dice che «la legge è un errore, va cambiata».

Dando tempo al tempo, forse, ci arrivano tutti, che l’Italicum non va bene per niente. Coraggio.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti