In effetti, l’”uscita” del premier su Cantone nella terribile vicenda delle banche suscitava più d’una perplessità.
Che c’entra Cantone? Ora, il premier, in effetti, ha un po’ il tic di citarlo a ogni piè sospinto, ma questa volta il presidente dell’Anticorruzione (che nulla sembra avere a che fare con le banche e i cattivi investimenti che le stesse hanno fatto fare ai risparmiatori) è stato costretto a precisare al Corriere che lui, in effetti, non è un “parafulmine” né un “tuttologo” e che – pare – metterà a disposizione la camera arbitrale presente presso la struttura che presiede.

Ora, a parte che anche su questo si tratta di capire in che termini potrà essere fatto, in base alla normativa che dovrà essere licenziata in materia pare evidente che l’operazione suscita esattamente (anche nell’esperto intervistatore Giovanni Bianconi) i dubbi che avevamo già articolato, circa la opportunità e coerenza dell’assegnazione di tale compito e circa il possibile (ulteriore?) discredito nei confronti di Consb e – entro certi limiti – di Banca d’Italia.

Forse sarebbe meglio maneggiare con più prudenza una vicenda che sta già creando molte sofferenze, non lasciandosi trascinare da idee estemporanee e dichiarazioni troppo veloci. Alle quali seguono tutele, invece, molto lente e poco chiare. Anche per rispetto del tanto evocato Cantone e della serietà professionale che dimostra, appunto.

Nel frattempo crescono le ombre circa l’operato di Consob e stupisce il continuo rimbalzo di responsabilità tra Consob e Bankitalia: forse sarebbe il caso di chiarire che cosa sia successo e discuterne in Parlamento per trovare forme più avanzate di controllo e di vigilanza. A meno che anche di questo non si intenda attribuire competenza a Cantone. Non si sa mai.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti