Come l’anno scorso, anche quest’anno stanno iniziando ad arrivare. All’accensione delle prime luci e delle fiammeggianti stelle di Natale per le nostre strade, si manifestano i primi, timidi e infreddoliti, bigliettini natalizi, inviati dal sindaco al consigliere regionale, dall’assessore provinciale al presidente del consorzio e da quest’ultimo al sindaco e al consigliere di amministrazione dell’azienda speciale, che a sua volta non ha potuto esimersi e ha inviato un pensiero anche al consigliere regionale e agli onorevoli, che da Roma certo non possono dimenticarsi che è Natale anche in Lombardia. Sono bigliettini standard per tutti, con citazioni spesso improbabili, su carta da un chilo (qualcuno azzarda anche una simil-pergamena): un rito puramente formale pagato dai contribuenti, così come lo sono le segreterie al lavoro per settimane, perché – accidenti! – «non possiamo dimenticare proprio nessuno». E via a stampare, imbustare, incollare, spedire. Tutto sommato una spesa folle. Un punto di Pil per farsi gli auguri tra persone che non hanno alcun bisogno di farseli, se non a titolo personale, e a livello privato. Mi batto, insomma, per la moratoria dei biglietti di Natale: l’anno scorso ho raccolto un intero scatolone e i bigliettini mi hanno inseguito anche dopo l’Epifania (i cammelli dei re magi essendo, a volte, più efficienti delle poste italiane). E’ il pensiero quello che conta. E la ‘casta’ può fare a meno di rappresentarsi quale presepe vivente. Non ci crede più nessuno.

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