Parlavo l’altro giorno con Luca Marola, che ha creato Easy Joint e sta proseguendo, oltre alla propria attività imprenditoriale, il proprio impegno in una campagna permanente di sensibilizzazione sull’argomento: la cannabis è sparita dal dibattito politico. Eppure continuano ad assumerla milioni di italiani, procurandosi prodotti di dubbia provenienza, in ambienti illegali e spesso controllati dalla criminalità organizzata.

È sparita la legalizzazione ed è sparito il tentativo, più generale, di introdurre in Italia un modo di affrontare le droghe che sia simile al modello portoghese (europeo, quindi) rispetto alla cosiddetta guerra che ha fatto tanti danni quanto la droga stessa.

Nella campagna elettorale del 2018 si preferì non parlarne, perché in ogni schieramento c’erano gli scettici, i retrogradi, i disinformati. Ora al governo, con i voti del M5s, se ne occupa un proibizionista come Fontana, sostenuto dal solito ministro dell’Interno, pessimo anche in questa disciplina (si veda qui).

Credo che anche questa sia una questione europea, non rinviabile. In Europa ci sono alcuni paesi, tra cui il nostro, in cui il consumo di cannabis è molto alto. Paesi in cui, salvo il caso portoghese già citato e una legislazione più flessibile in Olanda e in Spagna, si fatica a individuare soluzioni per legalizzare la cannabis, sottraendola alle mafie, che fanno affari smisurati.

E non c’è solo questo aspetto, perché l’uso della canapa è molteplice e deve tornare a rappresentare una filiera di punta, in particolare proprio nel nostro paese, com’era storicamente, anche pensando proprio al clima (alla bioedilizia, per prima cosa). La canapa scomparve dai nostri campi quando si imposero le fibre sintetiche, vale la pena ricordarlo ora che è finalmente in corso una riflessione – ci si augura collettiva – sull’uso della plastica e dei derivati del petrolio.

Ciò che sta accadendo negli Stati Uniti – nonostante Trump – e in Canada – grazie a Trudeau – non può lasciare indifferenti gli europei. Dal punto di vista culturale e politico, ma anche da quello industriale e commerciale: prima che siano le multinazionali dell’altra parte dell’oceano ad occuparsene, dovremmo pensarci noi. Anzi, come al solito, avremmo dovuto. Perché, anche in questo caso, è molto tardi.

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