Che volete che vi dica: nella vita ci sono momenti così, come quelli descritti nel post precedente. E ce ne sono di bellissimi, che ti fanno stare bene. La metafora è – per me è sempre così – il campione della Juventus. Si chiama Alessandro, e oggi ne ha segnati tre, di gol, diventando capocanniere del campionato di serie B: un campionato a cui ormai – nonostante tutto – ci siamo abituati, in un anno in cui la serie B è a sua volta metafora di uno stato di cose (almeno per me). Oggi andava in scena Juventus-Crotone, che a pensarci che giochiamo con il Crotone (sia detto con il dovuto rispetto) uno ancora non ci crede. Ma lui, al solito, ha fatto, di necessità, virtù. Ha preso un pallone al limite dell’area, ha incantato mezza difesa avversaria, l’ha messo sul sinistro – il secondo dei suoi piedi – e l’ha infilato, il pallone, sul palo lontano. Poi, nel secondo tempo, ha segnato un altro gol, sempre di sinistro, facendosi largo tra i giocatori con un tacco (per smarcarsi) e una finta (per ingannarli tutti). E, alla fine, il terzo, di destro, che sembrava “al rallentatore” quello di Dortmund, anche se il tiro rientrava basso, alla sinistra del portiere. Del Piero è così. E’ lo stesso giocatore che l’anno scorso si sorbiva la panchina, entrava, segnava, e tornava in panchina la settimana successiva. Il bello è che uno, a stare in panchina, si fa le ‘storie’: forse è vero che sono finito, forse fanno bene a non farmi giocare, forse c’è qualcosa, nel mio gioco, che non va. O che non basta. E quando ti chiamano a dieci minuti dalla fine, ti sembra anche che ti prendano in giro e che non sia proprio il caso, che entri svogliato e poi magari giochi male e ti senti anche peggio, come quando arrivi a una festa con la gente che sta andando via. Ma anche questo, nel caso di Alex, è servito. Perché, anche in panchina, Alex lo sa, la risposta la devi trovare tu, non aspettare che te la dia qualcuno (che poi magari si scopre che, questo qualcuno, ti vuole anche male). E non è nemmeno il caso di affezionarsi allo ‘stoicismo’ dello stare lì, che d’inverno fa anche un freddo boia: non ne vale la pena. L’importante è sapere che, anche quando non ti chiamano, tu giochi un grande calcio. E lo devi sapere tu: perché il gioco è tuo. E questa consapevolezza non te la possono levare. Mai.

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