È tutto un veto, un personalismo, ci sono più simboli che candidati e tutti hanno da dire – male – del vicino, soprattutto.

E siamo solo al caffè della mattina: si apre il primo quotidiano che ti capita sotto mano ed è subito nera. E non è la cronaca giudiziaria, no, è la cronaca politica.

È un paese arrabbiato che esplode da ogni titolo dei giornali. I più arrabbiati non sono però quelli che devono esserlo, le persone marginalizzate, in difficoltà, che si sentono dimenticate da tutti quanti.

No, le persone più arrabbiate sono i leader politici. Nervosi oltre ogni misura, polemici senza motivo e anche quando ne hanno, di motivi, esagerano.

Vassalotti sognava tutt’altra cosa, una campagna che parlasse del futuro, dopo tutti questi anni di clausura, di angoscia, di crisi ormai permanente. E invece. Gli stessi protagonisti di quella stagione ne sono usciti talmente aggressivi che, diciamocelo, sembrano prendersela solo con se stessi.

L’ispettore stacca gli occhi dal quotidiano, albeggia in piazza Venezia, quel balcone appare più sinistro del solito, e pensa che lui lavora in polizia, non è uno psicologo. Però sente il bisogno di altro, di qualcosa di diverso, anzi, di alieno. Sogna per un istante che sopra all’altare della povera patria scenda un’astronave, piena di cose straordinarie, energia pulita, giustizia sociale, serenità d’animo.

Ha letto da qualche parte che bisognerebbe rendere il mondo più pulito, sano di mente e onesto.

È ora di andare a lavorare, ispettore, gli dice il collega, sempre puntuale, anche quando si tratterebbe di fermarsi un momento. A pensare.

È ora.

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