Vassalotti ammira la notte romana dalla piazza del Quirinale, l’unica istituzione che pare essere ancora in piedi. Ha assistito allo scioglimento di tutto. Della maggioranza, della politica, dei ghiacciai e anche del suo cono al pistacchio.

Vede andare e venire parlamentari antichi e nuovi, ministri che furono e ministri che saranno – spesso si tratta delle stesse persone, in quell’andamento circolare uniforme (come la sua, di uniforme) che caratterizza la politica italiana.

Vede laggiù in fondo arrivare l’estrema destra, mentre la sinistra fa le ore piccole cercando di capire che cosa farà quello meno di sinistra. Si attende di udire “azione!” come nel cinema.

Tra poco tutti si butteranno nel ginepraio del Rosatellum, nel dedalo di codicilli e di formule che consente ad alcuni di presentarsi e ad altri proprio no – siamo anche in piena estate, fa caldo e c’è troppo poco tempo per organizzarsi.

Il lavorio prosegue, in ogni caso. E Vassalotti si prepara, nella speranza che ci sia qualcosa di bello da votare e che le cose non vadano troppo male. Un po’ di possibile, mormora tra sé e sé.

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