Non ce la si fa. Il paese della rendita, della posizione, della garanzia a senso unico per chi ce l’ha già (gli altri si fottano) prosegue nel suo dibattito surreale.

Persone che stanno bene, meglio, benissimo che non si capacitano perché quelli che stanno male – ma male – chiedano di essere pagati per lavorare.

Persone che non hanno bisogno di lavorare parlano di lavoro, dalla mattina alla sera.

Persone che vivono sulle spalle di altri vanno avanti così, come se niente fosse, e si stupiscono se gli altri sono nervosi, si svegliano presto, fanno i conti. Sono matti, questi.

Stanno sereni, lassù, e se gli chiedi la patrimoniale trasecolano, e se parli di successione fanno presente che loro quelle cose se le sono guadagnate – anche se sappiamo che in moltissimi casi le hanno ereditate a loro volta.

Conducono vite sopra, gli altri sotto manco li vedono. Anzi, la loro stessa presenza li infastidisce. «Sempre con il ditino puntato», «Di cosa si lamentano, gli si offre un lavoro e fanno pure le storie?», «Con i tempi che corrono poi!».

Sembra di stare nell’Ottocento. Sì, ma avanti Cristo però.

E non c’è verso. Salario minimo? No. Progressività? Ce n’è già tanta. Patrimoniale? Giammai. Successione? Eh?!

Parliamo d’altro, dai, che sta arrivando il corriere con il panino. E non abbiamo tempo da perdere.

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