La cultura, Dpcm dopo Dpcm, ordinanza dopo ordinanza, decreto dopo decreto, è stata dichiarata inessenziale.

Quasi una certificazione di un processo che risale a parecchio tempo fa, e che con la pandemia ha avuto una rapida e precipitosa accelerazione.

A quasi nulla sono valsi gli appelli e le dichiarazioni di intellettuali e lavoratori, perché erano e sono altre le corporazioni più potenti e più al passo con i tempi (poveri loro, i tempi sono cambiati e non torneranno, ma è confortante fissarsi su battaglie di retroguardia).

L’anno scorso, con Andrea Pennacchi, proponemmo una iniziativa diffusa. La ri-posto qui, nella speranza che qualche amministratore più capace e convinto la voglia raccogliere.

Scrivevamo, ormai 10 mesi fa:

«Come esiste una “solution journalism” vogliamo farci carico di un “solution theatre”, in cui parte della creazione poetica è dedicata anche al modo in cui si possa andare in scena, in sicurezza, ai tempi del COVID-19 (ferma restando l’attenzione alla poetica, ai protagonisti, alle storie nuove da creare in un mondo sulla soglia di un grande cambiamento, il che – per inciso – rende il teatro ancora più necessario).

Ben vengano gli aiuti d’emergenza che verranno attuati dal MiBaCT (a patto di ricordare che son comunque soldi nostri, anticipati), persino la “Netflix del teatro” è benvenuta; auspichiamo tutti la nuova regolamentazione che provveda il settore cultura e spettacolo di tutele e diritti a lungo trascurati e ben venga il protocollo per la riapertura di set cinematografici e televisivi.

Ma a noi preme anche il teatro, quello dal vivo. Quello per cui attori e pubblico respirano insieme nello stesso spazio, sfida terribile in tempo di pandemia e droplets.

Ma non ci vogliamo arrendere, per due ordini di motivi, forse tre:

1. È fattore di coesione, memoria sociale, educazione e intrattenimento (non solo gli spettacoli, ci sono anche i laboratori nelle scuole, il teatro carcere, il teatro e psichiatria ecc.);
2. Dà da vivere a centinaia di migliaia di persone che portano a casa, quando va bene, uno stipendio dignitoso;
3. È porta d’ingresso a un modo più “alto” di vivere, più consapevole, meno spaventato.

Consapevoli della necessità di sviluppare un protocollo di sicurezza nazionale, ma anche di alcune condizioni che ci possono aiutare a livello regionale e analogie con settori simili, possiamo proporre alcune soluzioni.

La pratica dell’allenamento di squadra sportivo si può applicare anche alle prove di teatro, e forse anche ai corsi delle accademie coreutiche.

Si può pensare ad andare in scena all’aperto, in estate, condizioni in cui il virus – a detta dei virologi – è meno pericoloso, ripristinando (per il periodo di emergenza) un calendario “ateniese” che privilegi la stagione calda, finché non verranno resi adatti i teatri esistenti a sostenere una stagione invernale. Uno spazio in ogni città attrezzato dal Comune, messo a disposizione degli artisti in sicurezza (le norma esistono, già elaborate dall’AGIS a partire da proposte concrete di realtà locali come Teatro Bresci e Accademia da Ponte).

Dal canto nostro, in uno spazio simile (anche un parcheggio offerto da privati o dall’università), noi – Teatro Boxer e People – vorremmo proporre delle presentazioni “volanti” di libri: un furgone elettrico, con un equipaggio di “tamponati” , come un A-Team ecosostenibile, arriva in un’area già attrezzata, con ingresso e uscita separati e posti distanziati, verso cui sono già convenuti spettatori che avevano prenotato online, in mascherina e guanti – come nel ‘700 veneziano. Un narratore racconta la storia del libro, magari con l’aiuto di un musicista seduto a 2 mt., poi si risale sul furgone sanificato e via, verso un’altra piazza.

Sarebbe un inizio, sarebbe un segno. E si può fare presto. E subito vale la pena di prepararlo».

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