Quando è così, come già dicevamo con Andrea Pennacchi, in occasione del precedente lockdown, bisogna portarsi avanti con il pensiero (ora l’azione essendo costretta all’immobilità).

Non sappiamo esattamente quando, ma il 2021 sarà un anno di riaperture.

Vuoi per i tamponi più facili da fare, vuoi per i vaccini (su cui sono personalmente molto cauto), vuoi perché si è presa la misura, anche se nel modo più farraginoso del mondo, con una serie di comportamenti e di situazioni.

Con Pennacchi ad aprile proponemmo di attrezzare spazi pubblici per l’estate in ogni comune dove far alternare lavoratori e operatori e insomma artisti.

Qualche “seduta”, un amplificatore, la polizia municipale. Cose piccole e diffuse.

Ci ascoltarono in pochi, quasi nessuno.

Lo stesso vale oggi per gli spazi chiusi. E qui bisogna ascoltare le proposte di Unita e di tanti altri che stanno battendosi e aprire a un dibattito che non si limiti all’online (perché la cultura vive di presenze, relazioni, emozioni), per riaprire in sicurezza i luoghi della cultura.

Da ultimo, c’è da definire dal punto di vista economico quale sarà il sostegno per ripartire. Perché si è pensato quasi a tutti, e pochissimo a chi lavora nello spettacolo, come se non fossero veri lavoratori, come se fossero tutte star, come se non sapessimo quanto la cultura già dipende, nel nostro Paese, dai ministeri e dalle Regioni.

Perché il problema non è la caduta, è la ripartenza.

Con #Jólabókaflóð proprio questo abbiamo voluto significare. Se volete sostenere i consumi culturali, scegliete i consumi culturali. Non solo i broadcast, anche chi fa piccole e meravigliose cose. Non solo le grandi produzioni, anche chi vuole emergere – una missione impossibile in Italia anche prima della pandemia.

Lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo per il Natale, ma People proseguirà, senza sosta.

E se non potremo spostarci nello spazio, tra colori e confini e dpcm e norme di un governo che non capitola, al massimo capitona, ci sposteremo nel tempo, più avanti, per preparare le cose che verranno, continuando a mantenere alta la nostra produzione-in-sicurezza e nello stesso tempo investendo sugli scenari futuri.

Perché non è nemmeno possibile che l’inondazione di libri avvenga solo a Natale. Perché non è pensabile che dopo la stagione del Covid in Italia ci siano ancora meno occasioni culturali di prima. Già ultimi così, andremmo ai numeri negativi.

Quasi sempre le cause sono perse esclusivamente perché si è deciso di non combatterle.

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