È il giorno della marmotta. Ci si sveglia e la giornata di oggi sarà uguale a ieri e, ciò che è peggio, uguale a domani.

Distopia da vivere, non da leggere o da guardare in tv. I distopici siamo noi, e forse lo eravamo pure da prima, anche se è antipatico doverselo dire.

Ed è una distopia in diretta, di cui abbiamo piena consapevolezza, pur non avendone certezza.

Curioso essere aggiornati mentre i giorni non passano mai. Corsi e ricorsi sono a stretto giro, nel corso e nel ricorso della stessa giornata. L’umore, ha ragione Zerocalcare, cambia ogni venti minuti. L’ansia è in corridoio.

A seguire le informazioni e i decreti che scandiscono il tempo, non c’è la logica sufficiente, la coerenza necessaria. Non pare ci sia una strategia. Almeno, non ancora. E speriamo che arrivi presto – insieme alla riduzione dei contagi, alla soluzione per tamponare (!) l’emergenza, alle tecnologie innovative che servono – anche un’idea per il dopo.

Fermi tutti: lo dicono i piccoli industriali, che bisognava fare come ad agosto, e chiudere tutti (personalmente lo ripeto da giorni e giorni). I grandi industriali negoziano – ancora – a proposito del termine essenziale, che ovviamente riguarda loro, molto meno gli altri.

E siccome anche i diari si ripetono nello stesso modo, oggi, vi consiglio un’intervista.

Eccola.

David Quammen parte dal suo libro, Spillover, scritto nel 2012 e pubblicato da Adelphi, 2014, in cui dice un mondo di cose intelligenti e sagge. Nell’intervista e, ovviamente, anche nel libro. E il merito è anche dell’intervistatrice, Stella Levantesi.

Dice, tra l’altro, Quammen:

Ho notato che la disinformazione scientifica che riguarda il coronavirus ha molti punti di contatto con le dinamiche della disinformazione climatica. Qual è la sua opinione al riguardo? E quanto è importante affrontare la disinformazione scientifica?

È estremamente importante affrontare la disinformazione scientifica. C’è sicuramente una sovrapposizione rispetto al cambiamento climatico. Ci sono persone che sono impazienti, arrabbiate e poco informate. Ricevono notizie da fonti inaffidabili e hanno appetito per una forma negativa di eccitazione. Hanno più interesse per le cospirazioni che per la scienza. La disinformazione si diffonde facilmente.

E, aggiunge:

Dobbiamo seguire l’informazione sul virus, prestare attenzione al problema ma abbiamo bisogno anche di altre cose. Abbiamo bisogno di una copertura sul coronavirus che approfondisca le cause e gli effetti, ma anche di storie che non riguardino il coronavirus. Abbiamo bisogno di musica, di comicità, di arte, di persone che parlano di libri – e non solo del mio.

Ecco, tra “le cose divertenti che non farò mai più”, bisogna metterci anche qualcosa di divertente, appunto, altrimenti non ne usciamo. In tutti i sensi.

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