La miglior risposta a quel personaggio abietto che continua a infangare le istituzioni, arrivando a definire i senatori a vita “schifo”, è ascoltare e soprattutto trarre insegnamento dall’intervento al Senato di Liliana Segre, che ancora una volta ci ha donato parole che incarnano la Costituzione.

Signor Presidente, gentili colleghe e colleghi, signor Presidente del Consiglio, il mio atteggiamento, di fronte alla realtà e al clima che ha segnato la nascita del nuovo Governo, è di preoccupazione ma, al tempo stesso, di speranza. Mi hanno preoccupato i numerosi episodi susseguitisi durante l’ultimo
anno che non di rado mi hanno fatto temere un inesorabile imbarbarimento della nostra società: i casi di razzismo, sempre più diffusi, trattati con indulgenza, in modo empatico, che quasi sembrano entrati nella normalità del nostro vivere civile, ma allarmante è anche la diffusione dei linguaggi di odio, sia nella Rete sia nel dibattito pubblico. Troppo spesso al salutare confronto delle idee si sostituisce il dileggio sistematico dell’avversario, col ricorso anche all’utilizzo di simboli religiosi, che a me fanno l’effetto di un farsesco ma pericoloso revival del Gott mit uns. A me fanno questo effetto. Forse solo a me, in quest’Aula.

La politica che investe nell’odio è sempre una medaglia a due facce. Non danneggia solo coloro che vengono scelti come bersaglio, ma incendia anche gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio provocato dalla crisi che attraversa, ormai da un decennio, il continente. L’odio si diffonde e questo è tanto più pericoloso. A me hanno insegnato che «chi salva una vita salva il mondo intero», per questo un mondo in cui chi salva vite, anziché premiato, viene punito mi pare proprio un mondo rovesciato. Credo che l’accoglienza renda più saggia e umana la nostra società.

Un altro motivo di sconcerto mi è stato dato dal vedere che la festa del 25 aprile, festa nazionale che dovrebbe unire il popolo italiano intorno alla Liberazione, è stata, solo da alcuni irresponsabili, ridotta ad una sorta di faida tra tifoserie. Secondo me, non si comporta così una classe dirigente.

Ma voglio venire ora alla speranza. Vorrei che il nuovo Governo nascesse non solo da legittime valutazioni di convenienza politica, ma soprattutto dalla consapevolezza dello scampato pericolo, da quel senso di sollievo che viene dopo che, giunti sull’orlo del precipizio, ci si è ritratti appena in tempo.

Mi attendo, insomma, che il nuovo Governo operi concretamente per ripristinare un terreno di valori condivisi, fatto di difesa costante della democrazia e dei princìpi di solidarietà previsti dalla nostra Costituzione, nata dalla Resistenza.

Anche io, personalmente, faccio una semplice richiesta, avanzata nelle sedi parlamentari, come mio contributo ad un futuro migliore. Ad inizio legislatura ho presentato un disegno di legge, poi trasformato in mozione, a cui tengo moltissimo. Si tratta della istituzione di una Commissione di indirizzo e di controllo sui fenomeni dell’hate speech, della violenza, dell’intolleranza, del razzismo, dell’antisemitismo. È un argomento che purtroppo conosco: ho vissuto sulla mia pelle come dalle parole dell’odio sia facile passare ai fatti. Realizzare questa Commissione darebbe il segnale di una risposta politica ai problemi che abbiamo di fronte. Mi auguro che maggioranza e opposizione istituiscano subito la Commissione.

Penso infine all’insegnamento della storia, disciplina molto speciale, perché ci insegna a non ricadere negli errori del passato. Perdere la storia è uno dei primi effetti collaterali della perdita del futuro. La disciplina sta sparendo non solo dagli esami di maturità, ma dalla stessa coscienza delle persone e senza memoria storica, l’umanità è condannata a disumanizzarsi.

Ho apprezzato l’impegno del passato Governo per la reintroduzione dell’educazione civica, ma non basta una materia in più da insegnare nelle scuole: occorre che l’educazione civica giunga a tutti noi cittadini, con l’esempio che possiamo dare, che dà la classe politica, le donne e gli uomini che servono il Paese nelle nostre istituzioni. La Costituzione ci impegna a comportarci con «disciplina e onore», ma anche sobrietà e rispetto per gli avversari. Una classe politica che non agisca secondo uno stile nuovo e democratico non sarà all’altezza delle sue responsabilità.

La mia speranza è, da ultimo, che il nuovo Governo assuma e faccia proprio anche il senso di quel dovere civile, di quella vocazione all’interesse generale che ci viene dai versi di John Donne: «Non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona per te». È con questo spirito che mi accingo ad
esprimere, fiduciosa, un voto favorevole al nuovo Governo.

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