Per questo ho voluto scrivere questo libro, per ricordare che più armi in circolazione significano solo più sangue.

Così scrive Luca Di Bartolomei in Dritto al cuore. Armi e sicurezza: perché una pistola non ci libererà mai dalle nostre paure, Baldini+Castoldi. Un libro che muove dalla sua vicenda personale perché – scrive – «se qualcuno vuole accusarmi di usare la vicenda personale mia e della mia famiglia coglie nel giusto».

Il tema è gigantesco, è stato agitato dalla precedente maggioranza, con Salvini alla guida e i 5 stelle alle sue spalle, compatti. Chissà se questi ultimi, al mutar di coalizione, cambieranno pure opinione, su questa e si spera su mille altre cose.

Della diffusione delle armi – vedi alla voce “legittima difesa” – si è a lungo occupato Stefano Iannaccone, che per People ha scritto Sotto tiro. L’Italia al tempo della corsa alle armi e dell’illusione della sicurezza. Entrambi i testi convergono su un punto centrale: la diffusione di armi è esattamente il contrario della sicurezza. Lo è soprattutto in un paese come il nostro, primo nel G8 per omicidi con arma da fuoco dopo gli Stati Uniti. Un paese dove «i legali detentori di armi da fuoco sono oggi responsabili e sono causa di un terzo di tutti i casi di femminicidio», come ricorda Di Bartolomei nelle pagine finali del suo libro, in quello che ha voluto chiamare il «Decalogo dell’insicurezza». Un paese dove la criminalità organizzata è diffusa ovunque e controlla parti significative del territorio nazionale. Un paese dove l’idea di farsi giustizia da soli ha già fatto molti danni. E molte vittime.

Meno armi, perciò, come scrive Di Bartolomei, che non si dichiara affatto pacifista, peraltro. Solo responsabile e ragionevole. Tutto il contrario di una certa propaganda di gran moda.

#ilibrideglialtri

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