Dopo la tappa dolomitica dedicata ai Romani e al loro rapporto con le Alpi, alleggeriamo con una lettura più agevole, pur rimanendo in alta quota, sotto ogni punto di vista.

Trecento miglia e più dal Chimborazo, un centinaio dalle nevi del Cotopaxi, tra le più selvagge solitudini delle Ande ecuadoriane, giace, separata dal mondo degli uomini, quella misteriosa vallata Montana, il Paese dei Ciechi.

Così inizia in modo folgorante e prosegue per poche pagine, folgoranti altrettanto, H. G. Wells, che abbiamo già frequentato diffusamente, con l’assistenza speciale di Wu Ming 1, tra Ventotene e il cielo.

Il titolo potrebbe sembrare “malizioso” pensando al nostro, di Paese, e invece non c’entra niente, e invece c’entra.

In sostanza un uomo – un montanaro di Quito – accompagnando una comitiva di inglesi in una arrampicata sul Parascopetl, sparisce alla vista dei suoi compagni di avventura, e si ritrova in una valle isolata in cui le persone non vedono. E pensa che sia facile imporsi, diventarne sovrano e padrone. Ma i ciechi non danno alcun credito a ciò che racconta, diffidano di lui, pensano sia un pericolo.

Metaforizzate in proposito come vi sembra più opportuno. E affidatevi a pagine come questa.

Pensò al viaggio sul fiume, giorno dopo giorno, dalla grande Bogotà al mondo vasto ancora oltre, attraverso città e villaggi, giorno dopo giorno sul fiume impetuoso, finché le sue sponde si dileguavano e i grandi piroscafi solcavano i flutti e si era giunti al mare — al mare sconfinato, con le sue mille isole, le sue migliaia di isole, e le navi intraviste lontano nei loro viaggi incessanti in giro per il mondo. E là, non ingabbiato dai monti, si vedeva il cielo… il cielo, non un disco come appariva qui, ma un arco azzurro immenso, un abisso di abissi in cui si libravano ruotando le stelle…

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