Siamo giunti ormai al primo anniversario dello sciopero da scuola di Greta Thunberg. Lei iniziò il 20 agosto 2018, e gli scioperi erano giornalieri. Usciva di casa ma a scuola non andava, no, andava a sedersi di fronte al Parlamento svedese.

In Svezia avrebbero votato a settembre. Lei protestava: ci sentiamo i migliori, ma non stiamo facendo abbastanza, diceva alla classe dirigente del suo paese. Poi decise che il giorno sarebbe stato il venerdì. E venerdì fu.

Il primo giorno i vigili di Stoccolma la allontanarono, le chiesero di mettersi un po’ più in là. Sul ponticello. Lei più in là ci è andata. In tutto il mondo. E il disagio delle prime foto lo ha trasferito a chi la ascoltava, a chi leggeva i suoi discorsi. E l’imbarazzo riguarda ora tutti i genitori che non si curano dei figli e del loro futuro. Cioè noi.

Personaggio letterario e però reale, tra Andersen e Tove Jansson, Greta è diventata protagonista, piccola, fragile. Grande, potente.

Quando è venuta in Senato, i senatori facevano i selfie, mentre lei diceva loro, non fatevi i selfie. Ha parlato pochi minuti, ma è stata spietata. Non hanno capito. Sono fossili, del resto.

Quel giorno ho visto negli occhi di suo padre Svante, che ho velocemente salutato, l’apprensione per quella ragazzina portata in corteo come una piccola papessa. E l’ho ringraziato. Tutto qui.

Chi non vuole capire, si preoccupa di chi c’è dietro Greta. E non di chi ha davanti e di ciò che davanti abbiamo tutti quanti, soprattutto se continueremo a fare gli spiritosi.

E gli interessati, perché chi nega i cambiamenti climatici lo fa per interesse, per il potere del momento, per non impensierire e continuare così, come sempre. Come se niente fosse.

Ma se niente importa, perché i giornali di tutto il mondo riportano la battuta di Trump circa l’acquisto da parte degli USA della Groenlandia?

Noi sappiamo tutto, da tempo. Tempo che abbiamo sprecato. E allora con People abbiamo dedicato a Greta, al suo messaggio e al suo “seguito” forse il primo libro in assoluto che ne parlava, in questi termini. Disponibile gratuitamente online, perché ci interessava la massima diffusione. Perché non siamo interessati, se non a questo.

Recentemente Penguin Books ha pubblicato un mini pamphlet. Il titolo dice tutto. O quasi. Perché l’ultima pagina dice così:

Noi ragazzi non stiamo sacrificando la nostra istruzione e la nostra giovinezza perché ci diciate cosa considerate politicamente possibile nella società che voi avete creato. Non siamo scesi per le strade perché vi faceste selfie con noi e ci diceste quanto ammirate quello che facciamo. Noi ragazzi stiamo facendo tutto questo per svegliare voi adulti. Noi ragazzi stiamo facendo tutto questo perché voi mettiate da parte le vostre differenze e cominciate a comportarvi come fareste di fronte a un’emergenza. Noi ragazzi stiamo facendo tutto questo perché rivogliamo i nostri sogni e le nostre speranze. Spero il mio microfono fosse acceso. Spero mi abbiate sentito.

Leggetelo. Stasera ne parleremo a Portoscuso. E ne parleremo ancora. Sempre.

#ilibrideglialtri

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