Affondiamo la Seawatch, dice la peggiore. Confermando che in verità stiamo affondando noi. In termini morali, politici, economici.

E intanto è il mondo che sta affondando. E non è per il caldo di questi giorni, non è una questione soltanto meteorologica. Gli indicatori sono pazzeschi, le previsioni fosche, e nessuna vera azione politica strategica è messa in campo. Da nessuno. Dall’Italia? Figuriamoci. Dall’Europa? Troppo poco. Non pare interessare, il futuro. Nemmeno quello della specie umana.

L’emergenza climatica è evocata, mai affrontata. Le questioni sociali che ne derivano e ne deriveranno sempre di più, abbandonate.

È come se la politica ne prescindesse. È una politica a prescindere. Da tutto e da tutti, anche da se stessa. Perché continuiamo a parlare di politica, ma non c’è nessuno che la fa, la politica. Poi ci chiediamo perché nessuno ci crede più. Se nemmeno alla sopravvivenza nostra badiamo, che cosa importa?

È tutto «come se niente fosse». Perché è niente, appunto.

È un nichilismo devastante, pieno di volgarità e di distrazioni, sulla pelle dei più deboli. Anche se diciamo a noi stessi che siamo fortissimi e possiamo permetterci di essere prepotenti e disumani, è in verità una gara a chi è più debole. Perché mentre ci sono 40 persone, veri e propri ostaggi della nostra paura, nel disinteresse generale, siamo diventati un Paese di emigranti e di expat (lo siamo già stati, del resto), di persone che per prime prendono una scialuppa low cost e se ne vanno. «Prima gli italiani»: all’estero, però.

Purtroppo la verità è che l’Italia è un po’ come la Seawatch. Ferma. La popolazione a bordo è stremata. Senza rotta. L’unica differenza è che i passeggeri di quella nave non avevano scelta, noi sì.

Dovremmo metterci a fare le cose importanti, quelle che servono. Pensare a una prospettiva. Tracciare una rotta, appunto. Chiederci «da cosa cazzo ci proteggiamo?», come si è chiesto Claudio Marchisio, con la certezza che non ci stiamo proteggendo davvero dalle cose che ci fanno stare male. E chiederci soprattutto dove stiamo andando?

Per prima cosa facciamo scendere quelle persone e con loro scendiamo tutti noi dal palcoscenico marcio di questo teatrino dell’assurdo, anzi dell’osceno. E poi parliamo del futuro, che il presente è il nulla atomico.

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