Risale al 1996 il «Tiigrihüpe (Tiger Leap) project», il progetto per la diffusione di internet e della cultura digitale promosso dal governo estone, con particolare riguardo all’educazione. Un «salto della tigre» necessario, per aggiornare il paese e per saltare, appunto, alcune tappe nel suo sviluppo e accelerarlo per quanto possibile in un paese che si trovava costretto a ripensarsi fin dalle fondamenta, in un passaggio che ha portato la comunità estone dal regime sovietico alla società dell’informazione.

È fondamentale notare come sia stato un «salto» associato alla formazione degli insegnanti, non solo degli studenti, che ha aperto la via alle successive trasformazioni del sistema estone. Come nella vita della singola persona, così anche per un paese: la scuola e la formazione rappresentano il primo passo per un futuro più consapevole.

Per «saltare» sono necessarie una strategia nazionale e una pratica diffusa, perché le cose posso cambiare solo se le si cambia un po’ per volta: con una politica che sappia proporre scenari credibili e obiettivi chiari, insomma, ma anche con una pratica accessibile e una conseguente maturazione da parte delle persone e, quindi, dell’intero sistema.

L’importanza di internet in Estonia è cresciuta a dismisura perché è diventata «una cosa di tutti i giorni», ripetono qui. E lo fanno tutti, perché un altro ingrediente decisivo è quello di avere una classe dirigente che conosca la questione e ne parli. Che in Italia sarebbe già un’innovazione straordinaria, se ci pensate: politici televisivi che ne parlino con cognizione di causa e, ove possibile, anche qualche entusiasmo.

Sono cose che non si vedono, di uno «Stato invisibile» che funziona meglio di quello vistoso per i suoi monumentali palazzi.

Non ci vuole né il Principe di Machiavelli né il Piccolo Principe de «l’essenziale è invisibile agli occhi», ci vogliono degli amministratori consapevoli, se vogliamo che i cittadini lo siano. Perché essi possano misurare i miglioramenti, verificarli, apprezzare i risparmi in termini di denaro e di tempo. Senza un messaggio taumaturgico, che gli italiani già scottati da mille delusioni recepirebbero con qualche sarcasmo, ma con parole chiare, per una volta.

Il cambiamento non è una promessa, è una pratica. E deve essere una risposta alle domande rimaste inevase. Non solo e non tanto dalla burocrazia: proprio dalla politica.

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