Una sera dell’anno scorso, era primavera e da Enrico Mentana ci incontrammo con Michele Ainis e Andrea Romano (da una parte) e Stefano Rodotà e il vostro affezionatissimo (dall’altra). Ainis era coinvinto della bontà del pacchetto riformatore varato dal governo via patto del Nazareno. Da qualche tempo, ha modificato il suo parere in senso negativo e domenica ha scritto a proposito del «peggior modo di scrivere la Carta di tutti», sul Corriere. Vale la pena di leggerlo con attenzione:

Nessun dorma, canta il tenore mentre aspetta Turandot. E infatti i nostri deputati sono rimasti insonni per tre notti, insultando, strattonando, lanciando giavellotti. Troppi caffè, evidentemente. Ma dovremmo svegliarci anche noialtri, invece dormiamo come pargoli. Perché è questa la nota più dolente: la riforma costituzionale cade nel silenzio degli astanti, benché lassù non ci facciano caso. Saranno i doppi vetri che proteggono il Palazzo: loro non ci sentono, noi non li sentiamo.

Ma che cos’è una Costituzione? È un pezzo di carta, diceva Calamandrei: lo lascio cadere e non si muove. Per animarla serve un popolo, serve un sentimento. Viceversa adesso circola solo risentimento. Non era così, ai suoi tempi. Nel 1946 si tenevano comizi in piazze affollatissime, si discuteva nei partiti, c’era in edicola perfino una rivista (La costituente), che accompagnò i lavori dell’Assemblea.

Anche nel 2005, però, durante il parto della Devolution un fremito percorse gli italiani. Di qua i circoli di Forza Italia, di là i comitati Dossetti, le Acli, i sindacati. E l’anno dopo al referendum, benché senza quorum, votò il 53% degli elettori.

Ma adesso, alla partecipazione, è subentrata l’astensione. Le Politiche del 2013 hanno registrato l’affluenza più bassa della storia repubblicana. Nel 2014, in Emilia-Romagna, altro record negativo: si presentò alle urne il 37% appena degli aventi diritto. E nel frattempo la «cittadinanza sfiduciata» è diventata il doppio, osserva Carlo Carboni (L’implosione delle élite-Leader contro in Italia, ed. Europa).

Come ci è potuto accadere? Magari sarà colpa della crisi: a forza di stringere la cinghia, ci siamo trasformati in un popolo anoressico. Ma è soprattutto colpa loro, la nostra inappetenza. Basta fare un po’ di conti: in un paio d’anni hanno cambiato gruppo 184 parlamentari, uno su cinque. Correndo per lo più in soccorso del vincitore, sicché il Partito democratico ingrossa le sue fila, mentre da Scelta civica s’apre un esodo di massa. Ma questa no, non è una scelta civica. Dopo di che il Pd timbra la riforma in solitudine, perché le opposizioni escono dall’Aula. O meglio, non in solitudine: con i transfughi, con i 127 deputati eletti in virtù d’un premio annullato poi dalla Consulta. Totale, 308 voti. Curioso: gli stessi che, nel novembre 2011, incassò Berlusconi sul rendiconto dello Stato. Lui ci rimise la poltrona, ora quel numero basta per correggere quaranta articoli della Costituzione. Che Forza Italia approva al Senato, disapprova alla Camera. Dice: ma è cambiato il clima. E tu chi sei, un costituente o un meteorologo? Nel secondo caso, meglio dotarsi d’un ombrello. Fuori piove, cerchiamo di non bagnare anche la Carta.

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