Mentre mi trovavo presso la sede del governo dell’Estonia per incontrare Marten Kaevats, il visionario (in tutti i sensi) Digital Advisor del PM estone, la Presidente estone – Kersti Kaljulaid – era alla Casa Bianca, per l’incontro tra il Presidente degli Stati Uniti e i primi ministri delle repubbliche baltiche.

In un’intervista raccolta da Eric Niiler di Wired dice due cose che ci possono interessare parecchio:

The discussion centers on whether we need to create a special legal entity for autonomous systems. If you regulate for AI, you also regulate for machine learning, self-acting and autonomous systems. We want our state to be proactive to offer services to people. You need to carefully think how to make this offer safe to our people and their private data. We want AI to be safely grown in Estonia.

La questione della regolamentazione dell’intelligenza artificiale si pone, ormai, come questione attuale, non da affrontare in chissà quale futuro. La questione è filosofica, morale, politica, dice proprio Kaevats. E non è un fatto tecnologico da affrontare con soluzioni parziali (pensate al codice della strada per le auto che si guidano da sole), ma una questione giuridica universale. Molti elementi dell’intelligenza artificiale sono già in uso, al di là della nostra immediata consapevolezza in proposito. E spesso non si tratta di robot o di macchine, ma di software o di strumenti ‘invisibili’ che però hanno notevoli conseguenze sulla nostra vita. Già oggi.

Our people are willing to work with the government on new technologies. Now it’s a habit; every Estonian looks at it as part of our national identity. We understand that this allows us to provide better services to our people than our money would allow.

Un’abitudine e un aspetto qualificante dell’identità estone. Su questo ci sarebbe da scrivere un trattato, perché la questione dell’identità è centrale dal punto di vista politico a qualsiasi livello, soprattutto per la potenza della sua strumentalizzazione.

È però notevole, dal mio punto di vista, che il piccolo paese dell’identità nazionale negata o quantomeno violata per secoli si intenda qualificare come il paese digitale, immediatamente globale e globalizzato e però orgoglioso di sé e della propria specificità.

Un tema e una posizione che contengono in sé un miliardo di contraddizioni e che certo fanno parte di un’auto-rappresentazione politica molto vicina a una grandiosa strategia di marketing, ma è elemento non banale: se ci pensate l’Estonia ha un progetto di società in testa, una missione da seguire e da rivendicare, una riflessione articolata su ciò che è o quantomeno vorrebbe essere e una politica che ne consegue. Meglio non fare paragoni.

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