Secondo Nadia Urbinati: che parla anche di «uguaglianza nel niente» (a proposito di riforma del lavoro e della negazione del conflitto (di cui la rabbia è una diretta conseguenza).

Il conflitto politico è mediato. Dev’essere pensato, sviluppato, teorizzato. Devi convincere le persone a essere parte in causa, dar loro la visione e la speranza di un futuro migliore. La rabbia, invece, è immediata, legata al tuo bisogno “qui e ora” e non protesa al futuro. Non aspetti una rivolta che ti porti un futuro migliore: semplicemente, vuoi che i rom se ne vadano dal tuo quartiere, che i musulmani stiano a casa loro, che i vecchi cedano la pensione ai giovani. Tutto l’armamentario delle passioni identitarie viene squadernato perché l’altro versante, quello economico, è impervio. Lì non si combatte più perché la guerra è finita. Ed è persa. E i poveri sconfitti si avventano su altre prede.

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