Mi scrive Luigi Mariucci che è riuscito a vedere il testo del mitico emendamento del governo, annunciato una settimana fa e non ancora presentato ufficialmente né depositato alla Camera. Chissà che non peggiori ancora, nel corso della giornata di oggi. Ove dovesse cambiare, vi aggiorneremmo puntualmente.

Il suo commento:

Dunque la montagna ha partorito il mostriciattolo. Sembra che l’emendamento recepisca l’odg della direzione PD, a cui non a caso si è votato contro, persino con qualche peggioramento.

Ne viene fuori che il contratto a tutele crescenti non solo non è “unico” ma è anche “speciale” perché si trascina per sempre una normativa peggiorativa dei licenziamenti.

Vengono esclusi dalla reintegra i licenziamenti economico individuali (ma che succede se come dice ora la legge il motivo economico è “manifestamente insussistente” e quindi il licenziamento è fraudolento?).

Per i licenziamenti disciplinari si rinvia ai decreti delegati la specificazione dei casi in cui sarebbe ammessa la reintegra: qui la delega resta in bianco, perché non si dice con quale criterio verrebbe fatta questa specificazione.

Si crea una disparità di trattamento tra nuovi assunti e già occupati, che aggiunge un nuovo odioso dualismo al mercato del lavoro ed è probabilmente incostituzionale.

Si violano gli orientamenti comunitari peri i quali dopo una fase transitoria la tutela deve essere piena e si fa a pugni con la stessa logica: se le tutele devono essere “crescenti” perché non diventano mai “piene”?

La verità è che si vorrebbe abrogare l’articolo 18 per tutti, ma non se ne ha il coraggio: si spera che i 6 milioni di lavoratori a cui si applica ora l’articolo18 (più i 3 milioni del pubblico impiego) lascino correre perchè tanto la norma riguarda gli altri, i nuovi assunti. Un bell’incoraggiamento alla solidarietà e alla riunificazione del mercato del lavoro!

Aggiungo solo una nota: è abbastanza clamoroso che i ‘nuovi’ politici aboliscano l’articolo 18 solo per i nuovi assunti. Un paradosso degno dell’attuale fase politica, in cui la sinistra festeggia per avere finalmente realizzato il progetto decennale della destra.

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