Apro i giornali e vi trovo quello che non volevo trovarvi: «Gara delle idee», dice Repubblica. Un altro titolo recita: «Ambrosoli: consultazione senza primarie».

Un errore cosmico. Soprattutto nella Regione ‘monarchica’ che abbiamo conosciuto in questi anni. Soprattutto nel momento in cui le primarie nazionali entrano nel vivo. Soprattutto in un clima di grande responsabilità da parte di tutti, perché gli altri candidati, come Kustermann e Di Stefano, sono delle signore e dei signori candidati. Soprattutto in una terra grande, da attraversare in lungo e in largo, con curiosità e umiltà, per fare il Presidente. Soprattutto perché le primarie, a tutte le latitudini, e in qualsiasi condizione climatica, fanno bene. Soprattutto a chi si candida.

Avevo detto (qui e qui) che questa piega che le cose stavano prendendo piaceva pochissimo a me e, fatto ben più importante, a migliaia di elettori del centrosinistra.

E mi pare che in queste ore – mentre il Pd è dato al 30% e la coalizione classica (senza aggiunta di anidride carbonica, diciamo così) supera il 40% – stiamo perdendo consenso e buonsenso.

E sinceramente non credo di dover accettare lezioni di civismo da parte di persone che hanno fatto molta più politica di me e che decidono le sorti milanesi fin dai tempi di Giovanni Giolitti.

Ora, come avevo promesso, ribadisco quanto avevo già dichiarato qualche tempo fa: mi candido alla segreteria nazionale del Pd. Anche nel caso in cui il Congresso si trasformasse in una «gara delle idee», per capirci. Anche se qualcuno dice che chi vince le primarie 2012 nominerà il segretario nel 2013. Anche se qualcuno dirà che è troppo presto. Anche se ci saranno ironie e malizie. Anche se non è molto di moda, fare il segretario di un partito. Anche se qualcuno, anche tra i candidati di oggi, dice che non è così importante, il segretario, e che il partito serve, ma non poi così tanto.

Lo avevo già fatto, per altro, a marzo, a Milano, proprio una settimana prima di Libera la sedia, quella bella giornata di festa e di denuncia che tutti ricorderete.

«L’ondivago Civati», come ha scritto un giornale che mi vuole bene, non ha mai avuto alcuna esitazione.

Per cui, con il Lambro a far da ironico Rubicone, la decisione è presa.

Prima, però, ho bisogno di dare il mio piccolo contributo alle questioni lombarde, e vi terrò aggiornato. Perché rischiamo di cappottare da fermi. E non è bello. No, non lo è. E nemmeno io riesco a comprendere i reali motivi di una scelta così bizzarra (eufemismo).

Sarò retroscemo, ma non comprendo il retroscena. E vorrei che facessimo una cosa che dobbiamo fare sempre: fare le cose bene. Quelle semplici, quelle giuste, quelle che rispondono ai sentimenti e alle aspettative dei nostri elettori. Non il contrario. Se si può.

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