Conoscevo marginalmente la figura di Antonio Ghislanzoni, scapigliatissimo autore del libretto dell’Aida. Devo ringraziare perciò Paolo per avermi fatto omaggio, ieri sera, del suo Un apostolo in missione, il racconto delle «peripezie di un rivoluzionario milanese tra le scettiche genti di Canonica, Ponte d’Albiate e Besana in Brianza». Il pamphlet del Ghislanzoni (perfido e bonario insieme) ha molti elementi di pregio, che cerco di riassumere in poche righe. Partiamo dalla copertina: nell’edizione di Brianze compare un acquarello di Alessandro Greppi che ritrae l’ingresso della Villa del Gernetto, una magione che rischia di diventare ancor più famosa di quanto già non sia, perché Berlusconi (proprio lui) sta valutando l’opportunità di insediarvi l’università del pensiero liberale. E, pensando al rivoluzionario del Ghislanzoni, ciò non può non farci sorridere (anche perché la villa è perfettamente equidistante tra le altre due ville berlusconiane, quella di Arcore e quella di Macherio, a testimonianza di una certa qual indipendenza della nuova istituzione accademica…). Il viaggio del rivoluzionario, poi, parte dalla tratta Milano-Monza, la seconda della storia ferroviaria del nostro paese: dalla città verso la campagna, alla ricerca di nuovi consensi, confidando nella «mente svegliata» e nei presunti «istinti liberali» dei campagnoli. Il treno del progresso (dove un «villano di Seregno» esclama: «si viaggia pur male nelle strade ferrate!», e sembra di essere ai giorni nostri) introduce il missionario della rivoluzione in un contesto difficile e ostile, come capita spesso in occasione di alcune nostre campagne elettorali in partibus infidelium. Teobaldo Brentoni attraversa un popolo che non si rivelerà «maturo» e pronto per la rivoluzione: un’auto-giustificazione che è quasi un luogo comune della politica. Così come lo è l’interrogativo che il rivoluzionario di professione si pone, registrando l’ennesima delusione: «Oh! il popolo! il vero popolo non è questo! Ma dov’è dunque il vero popolo?». Una domanda a cui, caro Teobaldo, non vi è mai risposta definitiva. Né in Brianza, né altrove. La passione e la frustrazione del nostro rivoluzionario si conclude con una fuga picaresca, ma, ci par di capire, anche con una sorta di appello: non bisogna mai disperare, ci dice il Ghislanzoni, anche se il viaggio è lungo, e ci vuole pazienza. E la perseveranza è l’unica qualità necessaria per un rivoluzionario in missione. In Brianza.

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