Se c’è una cosa che Liliana Segre chiede da anni alle ragazze e ai ragazzi che incontra nelle scuole è proprio che non si astengano, che prendano posizione, che non siano indifferenti.

Ecco perché mi ha colpito molto ciò che è accaduto ieri in Senato, con l’astensione di tutta la destra in occasione del voto con il quale si istituiva la commissione che proprio Liliana Segre aveva proposto, contro la diffusione dell’odio sulla rete, contro il linguaggio gretto e livido del razzismo che è cresciuto a dismisura, mentre le istituzioni, appunto, si astenevano, esimendosi dall’intervenire, lasciando correre, come se fosse normale.

I senatori delle destre si sono astenuti anche dal rendere omaggio a Liliana Segre, quando si è trattato di applaudirla e di alzarsi in piedi.

Chissà in quale altro paese non ci si alza in piedi quando si saluta una donna di novant’anni che è stata ad Auschwitz, deportata per colpa nostra. Era, allora, Liliana, una bambina italiana, milanese, visto che si enfatizza l’«identità», che fu espulsa dalla sua scuola e perse tutto nel breve volgere di pochi anni.

Chissà se lo sanno ma Segre proprio a comportamenti del genere si riferisce, quando pensa alle alzate di spalle, al voltarsi dall’altra parte, al banalizzare ciò che è accaduto e ahinoi può sempre tornare. E accadere di nuovo.

Chissà quale messaggio pensavano di inviare, i senatori, ai nostalgici del fascismo e della dittatura e quindi anche della discriminazione e della deportazione. Di un regime che bonificò le differenze che aveva saputo schedare, di un regime che fece arrivare i treni in orario a Fossoli, a Mauthausen e in tutti i campi di sterminio.

La pena nei loro confronti è infinita, soprattutto perché alcuni di loro ancora si definiscono «liberali», a cui con tutta evidenza però la libertà non interessa. Così come il diritto. Così come il rispetto delle altre persone.

Ci alziamo noi, al posto loro, quando pensiamo a Liliana Segre e alle persone che quella storia non l’hanno potuta raccontare. Perché, come suo padre, sono morti di fame e di violenza nell’orrore del lager. Avvelenati dal gas e dall’indifferenza che su quel treno li ha condotti.

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