Mentre ogni giorno leggiamo che è un governo di svolta, che si prepara una svolta, che adesso si svolta e che è davvero la svolta buona, registriamo che come già per il popolo curdo – abbandonato a se stesso, come da copione – e con il colpevole ritardo di chi conosce da tempo la scadenza, il governo arriva totalmente incapace di fare qualsiasi cosa al rinnovo degli accordi con la Libia. Accordi che saranno rinnovati. Anche perché ci si era accordati prima, e non servono a nulla le denunce, i reportage, le inchieste di Nello Scavo e Francesca Mannocchi e il sol dell’Avvenire.

L’Ocean Viking in mare per tempi salviniani, i decreti sicurezza che nessuno mette in discussione, i campi di internamento libici, le solite mezze parole – «istruttoria», «modifiche», ecc. – che fanno sembrare l’attuale esecutivo un oscuro governo d’antan. Più che il Caf, il Gaffe.

Di fatto Salvini, l’esistenza del quale coincide con le ragioni di fondazione di questo Conte Bis, nella sostanza continua a governare. Senza alcuna discontinuità.

Mi si dirà: non è certo con la Libia che si recuperano voti. Anzi.

Ho due obiezioni. La prima è che fare gli antesignani della destra non ha portato bene a nessuno.

La seconda è che si tratta di una cosa giusta. E se questo governo facesse cose giuste, impegnative e coraggiose come questa, anche sul versante sociale, anche sul versante economico, troverebbe il senso che non ha. Perché a furia di fare dichiarazioni e convegni sul populismo ci siamo dimenticati, quasi tutti, che è un problema di giustizia: e cioè che le persone trovano ingiusto il corso delle cose. E che bisogna dimostrare di essere dalla loro parte. E fare delle cose giuste, che cambino i rapporti di forza in una società dove tutto – il potere, il denaro – è concentrato nelle mani di pochi. Pochi che, arricchendosi, diminuiscono di numero.

Non è difficile, è difficilissimo. Ma provarci è l’unica cosa che conta.

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