Una bambina sul dorso-carapace di una tartaruga, entrambe coperte da una cerata gialla: la quarta edizione del Big Blue Festival mi ha dato modo di conoscere un posto sorprendente. Seguendo Greta, parlando di mare e di clima. E di vita, la nostra.

Portoscuso si trova subito dopo Iglesias e Carbonia, dove fino a ieri mi ero colpevolmente fermato, senza spingermi “oltre”.

Il festival è dedicato a tutte le fasce d’età, tra cultura e bellezza. Competenza, anche, e meraviglia. E tutto si svolge all’interno di una tonnara, l’Antica Tonnara Su Pranu, si chiama così.

Il protagonista è il mare, il mare come origine, perché Portoscuso dal mare nasce: dall’acqua, dalla pesca, dalla fatica antica. L’evoluzione non è stata sempre felice, ma ha dato benessere e lavoro. A lungo, ma non per sempre. Sullo sfondo è cresciuta, due generazioni fa, un’area industriale immensa, Portovesme, Alcoa, Eurallumina, Sider Alloys, Enel.

Da qualche anno le ciminiere e le pale eoliche fanno a gara, lassù, e il contrasto non lascia indifferenti. E c’è attesa per il futuro di un’area che, appunto, aspetta.

La tonnara risale a molto prima, mi raccontano, a Filippo II, perché il Mediterraneo è un mare senza confini, e così è la sua cultura, come ricordava Simenon: un mare nostro, che è anche degli altri. Transiti, commerci, rotte. Parole che si scambiano di posto, perché in una tonnara convivono termini latini, arabi e spagnoli. Sardi, anche.

A quei tempi si pescavano i tonni e ci si riparava dai saraceni. Una torre, lì vicino, lo testimonia.

Torre, chiesa, tonnara. Ed è un luogo magico, stupendo. Piante di fico, vascelli ottocenteschi, sullo sfondo un faro. Un cannone, «il piano» da cui prende il nome, gli stabilimenti e le case dei tonnarotti, in un fazzoletto di terra, di fronte a un mare blu – vi basti come definizione, perché qui il blu è originario. Il grande blu.

Il Comune ha acquistato l’area e gli immobili e punta a un suo recupero completo, perché la struttura è grande e potrà essere molto accogliente. Dovrebbe essere cura di tutti, non solo dei portoscusesi, finanziare una simile impresa, a proposito di «interessi nazionali».

Sara è assessora a quasi tutto, fa mille cose, è meticolosa e presente. Vive il contrasto quotidiano tra speranza e rassegnazione, tra incertezza e voglia di cambiare le cose. Mi racconta del difficile equilibrio tra ambiente e turismo, da una parte, e industria e lavoro, dall’altra. Dei tempi che si allungano all’infinito per avere risposte circa il destino dell’area produttiva, dove mi accompagna. E di una situazione che condiziona tutto quanto.

La prima sera un’esplosione, una scia, insomma un bagliore – un meteorite, dicono gli esperti – saluta l’avvio della rassegna.

Giorgio, il sindaco, dice che dobbiamo essere tutti ambientalisti, che salvaguardare il mare è proteggere noi stessi, i nostri figli. Maurizio parla dei percorsi educativi, dei laboratori, del coinvolgimento delle persone. Necessario. Mentre scorrono le diapositive sul palco, una nutria che vive in tonnara fa capolino tra i visitatori.

I bambini seguono percorsi in cui il gioco è associato alla tutela e al recupero, alla stramaledetta plastica e alla ricerca di un tesoro marino, da riscoprire. Si leggono pagine di mare, cronache, grandi romanzi. Ricercatori giunti da ogni confine – novelli esploratori – invitano i cittadini a dedicarsi alla Citizen Science, chiedendo l’impegno di tutti gli appassionati per monitorare, registrare e classificare i cambiamenti che riguardano il nostro mare e le specie che lo popolano. Cambiamenti drammatici, in molti casi.

La sera siamo con più di duecento persone a parlare di Greta, del suo messaggio, di chi le vuole bene, di chi le vuole malissimo. Solo perché ci ricorda che il re è nudo – e il re si offende e teme di perdere, con i vestiti, anche la credibilità e il potere. Solo perché è così difficile rispondere alle sue domande. Solo perché tutto sommato ci va bene così, finché la situazione non precipiterà. Per evitarlo, tocca a noi. Partendo da un punto “nel bel mezzo” del Mediterraneo, dalla sensibilità di chi lo ha capito prima di noi e se ne occupa con quella cura che invece, alla politica, è purtroppo mancata.

Non è mai troppo tardi, dice il proverbio. In questo caso, ahinoi, è tardissimo.

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