Quindi è così che ci si sente.

Da decenni la destra impone l’agenda politica, prima sulle tasse, poi sulla giustizia, sul ruolo dello Stato, e recentemente, come sappiamo, sui migranti. E i progressisti a inseguire, con affanno, e spesso purtroppo a copiare.

L’eccezionalità di Greta sta nel fatto che per la prima volta da tempo immemore detta l’agenda, come si dice, ed è la destra a dover inseguire. E la cosa li fa impazzire, tira fuori il loro peggio.

Intanto, perché è giovanissima: ma come si permette, eh? I bambini vadano a scuola, e ci lascino distruggere il mondo, e lucrarci sopra, in santa pace. Poi perché è una bambina: che se solo fosse stato un bambino certi commenti non si sarebbero letti, è perfino inutile spiegare perché.

Ma soprattutto, perché fa quello che di solito fanno loro: si rivolge direttamente a tutti, senza intermediari, e ottiene la loro attenzione, che peraltro è clamorosa. Mette in difficoltà politici e governanti, perché li costringe a rispondere. E reagiscono molto male, quasi sempre. Con la differenza che mentre la destra instilla paure xenofobe e razziste, e fomenta il malcontento, Greta lancia un allarme che non è inventato, e che mette molta più paura.

È anche una lezione per la sinistra, quella per cui è sbagliato usare l’ambientalismo come argomento in cui inserire tutto il resto. Non si fa, dicono, bisogna partire dalla critica al sistema capitalistico. Niente di più miope. Quale critica al modello capitalista è più radicale di un argomento che non muove da una cornice complessiva e per molti astratta, ma da un dato concretissimo, comprensibile a tutti, che semplicemente dice: potete essere capitalisti oppure no, ma in ogni caso non potete andare avanti così, non solo perché le ingiustizie aumentano, ovviamente, ma perché questo modello distrugge tutto.

È un formidabile ribaltamento all’obiezione storica di industria e conservatori alle tesi ambientaliste: gli ambientalisti vogliono distruggere il nostro stile di vita, hanno sempre detto, vogliono toglierci la modernità e le comodità che comporta. Invece no: è proprio questo modello di sviluppo, che distruggerà il nostro stile di vita e la modernità, e ci farà tornare all’età della pietra.

La protesta di Greta non è affatto una moda passeggera, insomma, non è l’innamoramento stagionale in cui la sinistra cade ogni tanto per questo o quel nuovo leader straniero. È un fenomeno che parte dal basso, intanto, e già solo per questo a sinistra non si dovrebbe star tanto a sottilizzare, ed è un esempio quasi unico di funzione positiva esercitata da questi benedetti social network, che sono stati utili a diffondere il messaggio, a organizzare attivamente le persone, nelle piazze e non solo sugli smartphone, e infine a interessare i media tradizionali fino a ottenere la gigantesca eco di questi giorni. E fa a imbestialire la destra, che per la prima volta dopo tanto tempo assaggia la sua stessa medicina e – sorpresa – scopre che non le piace per niente.

È insomma un’occasione storica per cambiare le cose. Non sprechiamola.

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