Articolo pubblicato su Ossigeno, la rivista di People.

Mi aspettavo che andando al governo la destra erede del Movimento sociale avrebbe dato qualche segnale chiaro rispetto al suo collegamento con la politica e la sottocultura fascista.

Mi auguravo sinceramente che togliessero la fiamma dal simbolo e che prendessero finalmente le misure con il 25 aprile, per la prima volta nella loro storia. E invece è capitato il contrario, in uno stillicidio di dichiarazioni che ci accompagnano da settimane e settimane: le orrende parole della seconda carica dello Stato su via Rasella, il messaggio della presidente del Consiglio sulle Fosse Ardeatine e ora il dichiarato imbarazzo per la Festa della Liberazione, che i leader del partito e del governo vivranno alla Ecce bombo (paradosso dei paradossi): mi si nota di più…?

Se penso alle “prove” che furono richieste a chi proveniva dal Pci agli inizi degli anni Novanta, per dimostrarsi all’altezza della democrazia, che peraltro il Pci diversamente dai fascisti aveva contribuito a fondare (!), ciò mi conferma che il Paese ha perso la memoria e anche la dignità delle proprie istituzioni repubblicane.

Non è un fatto accademico, né storico-antiquario: è un fatto politico gigantesco. Che ci dice molto del nostro passato e ancora di più del nostro presente. All’insegna di un qualunquismo retrospettivo che fa spavento, soprattutto perché è adottato ogni giorno per interpretare anche il futuro. Un futuro che infatti non è dato, al quale ci si oppone con tutte le forze, all’insegna di un regressismo perfettamente coerente con l’impianto da cui avrebbero dovuto prendere le distanze. Almeno un po’. Anzi, un pochino, come ha recentemente affermato Flavio Tosi, dichiarandosi «un pochino fascista». Per la nostra Repubblica è sempre troppo.

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