Articolo pubblicato su Ossigeno, la rivista di People.

Nel mare ci sono i coccodrilli era il titolo di un libro di Fabio Geda, uno dei più belli tra quelli dedicati al tema dell’immigrazione. E se nel mare ci sono i coccodrilli, gli squali, quelli no, non stanno in mare, stanno sulla terraferma. Sono quei politici che fanno esercizio quotidiano di xenofobia e di irresponsabilità verso la vita delle persone. Persone che per loro evidentemente lo sono solo fino ad un certo punto.

Gli squali che vivono e governano qui da noi hanno altri amici squali al di là del mare, nei campi libici, sulle motovedette, nell’uso reiterato della violenza e della sopraffazione per “gestire” i flussi migratori.

Esistono le lacrime di squalo, variante di quelle dei coccodrilli già citati, perché prima si fa di tutto per evitare che le persone in mare siano soccorse, poi si piangono i morti, dando la colpa a chi li fa partire (cioè, in fondo, a loro stessi, perché sono loro a voler partire, pensa un po’).

Gli squali impongono codici di condotta, usano espressioni sprezzanti, accusano di complicità i volontari che vogliono salvare vite, evocano complotti, piani per la sostituzione etnica e altre oscenità. Sono al governo ma anche quelli che c’erano prima non hanno fatto molto diversamente (ora però dicono che sono cambiati, quindi tutto a posto).

Come ricorda il nostro libro, un libro-manifesto che People pubblicò avviando la propria attività, dedicato alle ragazze e ai ragazzi, «nessuno lascerebbe la propria casa se quella non fosse diventata la bocca di uno squalo» (sono versi di Warshan Shire). Ecco, quelle persone che scappano finiscono, grazie alla nostra politica (se una cosa così si può chiamare politica) dalla bocca di uno squalo a un’altra. Che pena infinita.

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