Non è la prima volta che ripeto – e le parole del messaggio di Sergio Mattarella lo confermano – che le giovanissime e i giovanissimi siano la speranza di questo Paese.

Oltraggiati da una certa retorica per tutto il 2021 circa la loro irresponsabilità (!), a loro è giusto dedicare il 2022.

C’è però un “però” gigantesco. Perché oltre alla retorica si dovrebbe associare all’ottimismo delle parole qualche elemento di sostanza politica.

Non è difficile capire di che cosa stia parlando – anche se non ve n’è traccia nel lavoro del Parlamento e nell’azione del governo: parlo di salario minimo, per prima cosa, e poi di contrasto alle disuguaglianze, di progressività fiscale, di patrimoniale, di riconoscimento dei diritti e di misure “contemporanee”, come la legalizzazione della cannabis. Di investimenti concreti nella ricerca e nella possibilità di vivere in un Paese in cui il loro valore e il loro impegno possa essere riconosciuto e la scuola torni a essere il pulsante dell’ascensore sociale. Di interventi perché si risolva la questione scandalosa della cittadinanza per chi è nato in Italia o ci vive da anni per crescere insieme ai nostri figli.

Parlerei anche di clima, se non fosse che al di là delle parole prevalgono gli «spingitori di comete», diciamo così.

Ecco, per una volta che non siano generici auguri ma impegni in cui si manifesti una dichiarata volontà politica.

Altrimenti anche quest’anno passerà con un sacco di parole vuote. E il Paese invecchierà ancora. E male.

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