Lercio is coming. E qui trovate la nota dell’editore, curata da Francesco Foti (il libro invece è sul sito di People, in pre-ordine).

Un libro di Lercio che non raccoglie le loro migliori “battute”? Certo. Pubblicato da People? Eccome. La nostra causa editrice si è data dalla fondazione il compito di offrire una lettura diversa della contemporaneità e dei suoi mutamenti, e quale sguardo più̀ laterale di quello della satira?

Noi che, come scrive Obama nella sua biografia – lo scrive davvero, non è un fake –, abbiamo studiato Foucault per fare colpo sulle ragazze – e con i medesimi risultati del buon Barry – conosciamo sin troppo bene il ruolo nella storia del parresiasta, da Diogene a Dave Chappelle, dai giullari a Chaplin, da Swift a The Onion. Ed è una storia che merita di essere raccontata, specie se a farlo è un collettivo che produce quotidianamente buona parte della migliore satira in circolazione nel nostro Paese.

L’abusatissima citazione marxiana vuole che la storia si ripeta sempre due volte, la prima in tragedia e la seconda in farsa. Ed è qui che intervengono i lerci, tra farsa e tragedia, con spirito da gremlin, per restare – stavolta sì – nel mondo delle fake. Prima che ci mettessero le mani Roald Dahl e Chris Columbus, infatti, i gremlin erano una popolarissima e falsissima leggenda nell’aviazione anglosassone tra le due grandi guerre: creature malvagie e dispettose che sabotavano gli aerei degli Alleati, tagliandone i cavi e inceppandone gli ingranaggi.

Forse un pizzico di malvagità c’è, nella satira di rito lercista, di sicuro non manca la componente del dispetto, quel sottrarti la sedia mentre ti stai accomodando, perché l’inattesa caduta ti metta in allerta e ti faccia vedere le cose da diversa prospettiva. I loro, infatti, sono dispetti a fin di bene, perché gli ingranaggi che vanno a inceppare sarebbero proprio quelli necessari al perpetuarsi del meccanismo di cui sopra: intervengono – a volte persino in maniera preventiva – sulla cronaca prima ancora che questa diventi storia, e svelandone in anticipo l’aspetto farsesco vorrebbero impedire la tragedia, o perlomeno depotenziarla.

Mai come oggi il cosiddetto mock journalism ricopre un ruolo doppiamente fondamentale nella nostra società. Pennacchi ci ha insegnato che il Pojanistan è ovunque, e quindi, sebbene lerce e lerci vengano da ogni angolo del Paese, ben si adatta loro una riformulazione triveneta della celebre locuzione latina: castigat ridendo mones. Perché è costume del nostro sistema politico/mediatico dichiara re le peggiori scemenze con toni serissimi e pomposi, e costruirci sopra pensose riflessioni che occupano pagine e pagine dei principali quotidiani di ogni orientamento, finendo per lasciare il compito di restituire un po’ di giustizia tramite un pizzico di verità – la parresia, appunto – proprio alle notizie dichiaratamente finte dell’inconfondibile testata web dipinta di rosso. E, ancora, perché quel suo dispettoso tenerci sul chi vive diventa fondamentale in un mondo dominato dalle cosiddette bufale. Il loro mock journalism è molto più utile di qualsiasi tentativo di decidere per legge ciò che sarebbe o non sarebbe vero, instaurando il pericoloso precedente di mettere in mano il controllo della rete a persone talmente disabituate alla sincerità, talmente dedite al prendersi troppo sul serio da non essere più nemmeno in grado – loro sì – di distinguere una notizia palesemente falsa da una battuta satirica. Lercio è molto più utile, si diceva, perché ridendo ci educa ad aprire gli occhi, a esercitare il dubbio, a mettere in discussione le verità che diamo per assolute. Mentre ci fa ridere ci offre, insomma, strumenti per discernere, ciascuno per conto proprio, ciò che è verità da ciò che è menzogna.

E scusate se è poco.

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