Lo sciopero dei lavoratori di Amazon in Italia, la mobilitazione – molto più consistente, e non poteva che essere così – negli Stati Uniti, ci parlano della possibile rinascita di un conflitto sui luoghi di lavoro che restituisca dignità a chi fatica, che liberi dalle catene e dai capestri a cui ci siamo abituati da troppo tempo, all’insegna del complesso di Crisotemi di cui abbiamo abbondantemente parlato.

L’inchiesta «Lavoratori di Amazon uniti», ripresa dal The New York Times Magazine e pubblicata da Internazionale lo conferma.

Come sapete è da tempo che penso che lo strapotere di Amazon sia determinato dalla soggezione dei governi nazionali – e ahinoi anche dell’Unione europea – e anche dai limiti del capitalismo locale, che si è fatto travolgere, quando avrebbe avuto tutti gli strumenti per costruire qualcosa di simile e forse di più umano. Dico forse perché i magazzini di Stradella, quelli non-Amazon, raccontano storie di disumanità.

Curioso che questa vicenda sia partita dai libri, peraltro. E che non sia stata accompagnata – paradosso dei paradossi – da una riflessione politica e prima ancora culturale, se non da piccole nicchie di persone che passano per ossessionati.

È venuto il tempo della lotta e delle rivendicazioni, se non vogliamo che salti tutto per aria. Il tempo della concorrenza leale, che è sinonimo di uguaglianza, in una società di mercato. Il tempo in cui siano sbaragliati i conflitti di interessi e che le tassi le paghino soprattutto coloro che fanno profitti mostruosi. Ed è venuto il tempo di piattaforme buone, che usino gli strumenti della tecnologia non per avvilire i lavoratori, ma per farli lavorare in condizioni dignitose, ben retribuite, assicurate e garantite da un contratto.

Dai libri si è passati ai panini, ma la storia è la stessa. Ed è la storia dei tempi in cui viviamo.

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