Come sapete ripetiamo come un mantra «clima, progressività, patrimoniale», nella speranza di cambiare il paese con l’ipnosi, nella convinzione che ci vorrebbero misure egualitarie e di ridistribuzione quante sono le mostrine sul petto del generale.

Però ciò non deve farci dimenticare questioni ritenute inessenziali – quasi tutte, per la verità -, a partire da quelle che finiscono loro malgrado sotto l’etichetta dei “diritti civili”.

Ora, l’etichetta stessa è discutibile, perché è servita a separarli dai diritti sociali. Gran parte della politica, soprattutto a sinistra (!), ci tiene alla presunta distinzione.

Come ho cercato di spiegare in parole povere – le mie – in Laico, i cosiddetti diritti civili stanno insieme a quelli sociali e spesso, quasi sempre, nella discriminazione e nella costruzione dei rapporti di potere addirittura li precedono.

Sì, perché se una donna continua a guadagnare meno di un uomo, in una società patriarcale, questa è la madre di tutte le disuguaglianze, anche perché sappiamo da una donna occasionalmente ministra che è naturale immaginare che poi le donne, tornate a casa, abbiano un’altra giornata di lavoro, a cominciare dalla cura dei figli.

Lo stesso vale per le persone transessuali, in questo caso letteralmente escluse dal dibattito, considerate come fenomeni di costume prima che come persone.

Quando scrivemmo il programma per le disastrose elezioni del 2018, autorevoli voci della sinistra (!) mi spiegarono che non era il caso di citare la parola stessa nel nostro programma. Fu un errore tra i millemila che si commisero in quella campagna, prima di tutto sotto il profilo culturale. Ma quella vicenda mi rimase impressa come esemplare: se non riconosciamo alle persone trans la stessa cittadinanza che pretendiamo per tutte e tutti gli altri, beh, andiamo a nasconderci. Perché non sono loro a dover essere (ancora!) cancellati, ma noi. Proprio noi.

E tra le cose in assoluto più belle e giuste che Possibile abbia fatto in questi anni, è stato il sostegno alla battaglia di una persona trans che non aveva risorse sufficienti per pagarsi le cure e appunto realizzare la propria transizione e diventare la persona che aveva sempre desiderato essere.

Così dovrebbe essere la politica. Tutto il resto è mutismo e discriminazione.

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