Per scaramanzia, perché i dati stanno migliorando sensibilmente. Come massimo gesto apotropaico, per allontanare da noi il pensiero che ci possa essere una ricaduta in casa. Per distrazione, se volete, perché ci siamo distratti da un sacco di questioni, avendone una soprattutto presente. Insomma, parliamo d’altro.

Di tutto ciò che era rimasto in sospeso, nel mondo di prima.

Sembra passato un secolo. Eppure c’erano cose importanti di cui avremmo dovuto parlare e di cui dovremmo tornare a parlare ora.

Il lavoro e il reddito, a cominciare dai rider che abbiamo visto attraversare le sere solitarie delle nostre città.

La sicurezza, che come ha spiegato Harari non va intesa come pattugliamento dei confini geografici ma di quelli tra noi e la natura. Confini e limiti, da pattugliare, questi sì.

La questione climatica, di cui non ci si occupava neanche prima, e che dovrebbe tornare prepotentemente di attualità.

I decreti insicurezza e la questione migratoria, che non a caso pongono un sacco di problemi anche ora.

Il resto era finto. E ce ne siamo accorti quando è arrivato un problema vero. Inventavamo nemici, lo abbiamo trovato, il nemico, tutti insieme, in un colpo solo. E come scrivevamo all’inizio di questa storia, quando il gioco si fa duro, quelli che si qualificavano per essere duri sono emersi in tutta la loro pavidità e pochezza.

Il nemico c’è, è una certezza. Solo che il nemico non è soltanto il virus, siamo anche noi stessi e come avevamo organizzato la nostra società. E il modello di sviluppo. E ciò che esso comporta per milioni, anzi, miliardi di persone.

Che c’erano prima e ci sono ancora. E cercano un domani che non sia solo migliore dell’oggi in cui siamo confinati ma anche dello ieri a cui ci eravamo ridotti.

Volete un compito per i prossimi mesi? Non dimenticarlo mai.

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