Se andiamo avanti così, più che la “fase 2”, sarà la “fase bis”.

Nomine, crisi di governo, task force che sono più numerose dei due rami del Parlamento, inaspettati ritorni di cui non si sentiva affatto la mancanza, polemiche da strapaese (strapaesino) tra Nord e Sud. Tutto sembra già come prima.

E così, mentre andiamo per i cinquanta, la “fase 2” è tutta un’ansia anticipatoria, le imprese hanno già riaperto sfruttando le deroghe, i controlli si faranno a posteriori oppure proprio non si faranno, come già nelle ultime settimane.

Gli amministratori fanno a gara per chi riapre prima, rivendicando gli straordinari risultati ottenuti. Le ordinanze sembrano una versione delirante del “Nomi, cose, città”.

E si festeggia perché sulle nostre strade sono tornate le auto, che osserviamo come se stessimo guardando un reportage del National Geographic. Attenzione, attraversamento runner!

Sul versante tecnologico, non c’è ancora un’app e però c’è già l’app concorrente. E le app regionali, anche, anche nella lingua locale, I suppose. Immuni ma diversi.

Le zone più contagiate e contagiose sono anche quelle più desiderose di riaprire. Alla garibaldina. Intanto, la fondamentale questione del tampone rimane ancora tutta da indagare.

All’insegna del dopo che dovrebbe venire prima, mentre siamo ancora nella “fase 1” e a dispetto di alcune escursioni nella “fase 2”, puntiamo tutto sulla “fase 3”.

Ne trovate qualche elemento nel documento che Possibile ha appena pubblicato. Lo potete scaricare qui. È a disposizione di un dibattito largo e speriamo utile a tutti.

Ci sono misure radicali e proposte di cambiamento molto nette e forti, per i prossimi mesi e forse anni. All’altezza dei guai in cui siamo: a mali estremi, estremi rimedi.

Perché la prima cosa da riaprire è la politica, l’unica risorsa collettiva capace di farci uscire dal disastro.

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