Ho visto le piastrelle della mia cucina come non le avevo mai guardate. Ho visto ogni singolo granello di polvere della mia scrivania. Non ricordavo avessero quel colore, esattamente quel colore, alcuni mobili, oggetti, stoviglie che avevo intorno a me.

Ho pulito, disinfettato. Sanificato, anzi, come si suol dire da qualche settimana.

Sono diventato il casalingo di Voghera. In un senso, direi, assoluto.

Guardo la televisione, non quello che passa, proprio la televisione, in quanto tale.

Mando messaggi in a bottle, ma nella bottle mi ci sento io, tipo quei vascelli fatti con i legnetti. Dopo un naufragio, però.

I messaggi interstellari sono l’unica forma di contatto esterno. Solo che contatto non è. È tutto solo ed esclusivamente elettronico. La e-vita è bella, più che altro è l’unica che ci rimane.

Casa nostra. Mi sono venute in mente tutte le altre case in cui ho vissuto, una dopo l’altra. Analogia portami via. Un cavedio a Barcellona, il via-vai di apipiaggio in una piazzetta romana, la strada che scende verso il Lambro, addirittura la ferrovia, dietro casa, che guardavo da bambino. Chissà perché diventiamo tutti tipo Funes El Memorioso di Borges. Ve lo ricordate? «La mia memoria, signore, è come un immondezzaio».

Funes, sul letto, nell’ombra, si figurava ogni fessura e ogni rilievo delle case precise che lo circondavano. […] Verso est, in un lotto di terra lontano, c’erano case nuove, sconosciute. Funes le immaginava nere, compatte, fatte di tenebra omogenea; in quella direzione voltava il capo per dormire.

Borges del resto aveva capito tutto (suona sinistro, tra l’altro, che nel racconto Funes sarebbe morto d’una congestione polmonare):

Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Nel mondo brulicante di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati.

Non siamo capaci di leggere, di scrivere, di pensare. Già.

A casa e ritorno, questo siamo, come si intitola un bel racconto di Chris Offutt.

E se la luce in fondo al tunnel non si vede, si può sempre arredarlo. E allora ogni sera immagino cambiamenti, ristrutturazioni, slanci di shopping compulsivo, che poi non porto a termine per rispetto dei lavoratori. Perché nulla è essenziale, anche se fingiamo di non averlo capito.

C’è qualcuno che si augura pieni poteri. L’unica cosa piena, ora, sono i vuoti.

Li colmeremo, con saggezza e responsabilità e pazienza. Calma e gesso. Sempre e comunque.

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