Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
 
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.

Mariangela Gualtieri, Nove marzo duemilaventi, Doppiozero.

Per uno che viene dalla provincia di Monza e della Brianza, con il Resegone a fare da quinta e all’insegna del #ciàsudem, è innaturale fermarsi. Quindi capisco le ragioni, anzi una sorta di riflesso ancestrale potenziato dalle urgenze economiche e commerciali del nostro tempo, di chi si ribella al “fermo”. E che tutto questo riguardi soprattutto la Lombardia non può che rappresentare un ulteriore elemento di riflessione.

Per non fermarsi, per non chiudere, per dare retta a Confindustria e a chissà chi, ci ritroviamo proprio a doverci fermare, a dover chiudere tutto. E tra poche ore ce lo diranno a reti unificate.

È una nemesi, di questi giorni. E non solo.

Però ormai, anche per chi ha dichiarato per giorni il contrario, è così: chiudere “un po’”, fermarsi “quasi”, fare la legge e trovare l’inganno durante la conferenza stessa in cui viene presentata, non ha aiutato. Non risolve. E non c’è bisogno di proclami. Per fermare il virus, ci si deve fermare, sperando che i buoi non siano già scappati. E non siano stati contagiati tutti quanti.

«Andate a casa!!1!1!!» è uno degli slogan più in voga in questi ultimi anni ed è anche questo un paradosso, perché adesso a casa ci devono andare tutti.

Prima ci si ferma, prima si risolve, prima si riparte. Fare tutto insieme, fermarsi e nonfermarsi, come diceva un hashtag di grande fortuna, non si può, per la contradizion che nol consente. E di contraddizioni, al solito, ne abbiamo visto fin troppe.

Fin dalle norme che necessitano di quintalate di specificazioni, secondo le quali – ad esempio – non si può circolare, ma sono comunque aperti gli esercizi commerciali. Da troppi giorni. Se non puoi nemmeno passeggiare, perché sono aperti i bar e altri luoghi di ritrovo?

L’Italia si ferma, perché si è fermata già. A metà, raddoppiando (e speriamo sia solo il doppio) i tempi di uscita dalla crisi, con conseguenze devastanti per l’economia e senza fermare il contagio.

Per il futuro, facciamo tesoro di tutto questo. Non per tornare a prima, per andare meglio. E per capire che ci sono parecchie cose che, insieme, dobbiamo mettere a posto. Con disciplina e onore, come dicevano i Costituenti.

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