Siamo individualisti e viviamo dentro uno schema economico e direi antropologico ormai considerato naturale secondo il quale ognuno fa per sé, pensa per sé, agisce per sé, al massimo per la sua famiglia. Primo grado di parentela, migliaia di gradi di separazione dagli altri.

«Padroni a casa nostra» è uno degli slogan più in voga, da anni, da queste parti. E la massima autorità morale locale, il Pojana, ci ricorda che sono secoli che non ci si abbraccia. Ecco.

Ora è difficile immaginare che in pochi giorni tutto questo si trasformi nel suo rovescio, in una rivoluzione culturale epocale per cui tutti come d’incanto inizieremo a pensare agli altri prima che a noi stessi. Difficile recuperare in poche settimane la complessità di un modello sociale, soprattutto in territori nei quali la politica ha privatizzato tutto, privando se stessa di senso e di ogni cosa. Solo il potere le è rimasto, sempre più fragile, sempre più spaventato, a sua volta.

E allora esiste solo la via Ferragni o Bentham, se volete, alla soluzione del problema.

Perché, come ha spiegato l’influencer (absit), solo se staremo attenti, se seguiremo comportamenti rigorosi e razionali (razionali, non andare tutti a fare la spesa all’unisono, per esempio), i guai peggiori si riusciranno a evitare. Il tempo della chiusura diminuirà. Le cose si risolveranno con meno danni, lutti, disastri.

Chiediamoci: è davvero così necessario, urgente, inderogabile ciò che non potremo fare per qualche giorno? Davvero abbiamo un modello per cui non ci si può fermare, come ha spiegato inopinatamente una certa classe politica? Davvero «non ci sono alternative», come vuole lo schema di cui dicevo?

Dopo un milione di convegni sulla cazzo di resilienza, ci ritroviamo qui, spaesati perché chiusi dentro, ma lo siamo da tempo, “chiusi dentro”. Tanto che proteggiamo confini, alziamo muri, reticoliamo il giardino e ci preoccupiamo di procurarci delle armi per sparare al primo venuto. E chi propone queste cose ha sempre ottenuto il maggior consenso, negli ultimi anni.

Dobbiamo iniziare a pensare che quest’anno bisestile non ha un giorno in più, ma un mese in meno, per quanto riguarda il fatturato, e non solo.

Dobbiamo iniziare a escogitare soluzioni che non corrispondono all’invenzione della ruota, come il telelavoro e l’uso intelligente di tecnologie che usiamo soprattutto per spippolare sul telefonino. Dobbiamo pretendere che il sistema bancario, a sua volta, non si chiuda dentro, perché alcuni settori saranno colpiti più di altri. E ci sarà un enorme problema di liquidità.

«Il terremoto arriva», mi ha spiegato un giorno Makkox. E questa cosa la dobbiamo mettere in conto, perché fa parte della vita.

E poi forse, con calma e gesso, come si dice da queste parti, intorno al tavolo da biliardo, riusciremo anche a capire che il problema è il modello e finalmente dai preziosi consigli di Ferragni si passerà a una nuova visione del mondo.

(Il cartello-decreto dell’immagine qui sopra proviene dall’Osteria da Morandin, Verona. Antica Osteria, per la precisione)

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