In piena facoltà, egregio Presidente,

Avrei molte cose da dirle ma il poco tempo – che è un po’ la metafora di ciò che le dirò – mi costringe a concentrarmi su un punto solo.

In questi mesi l’hanno impegnata con una crisi di governo balneare in caratteri cirillici, e forse non avrà avuto modo di leggere questo libro: Perdere la terra di Nathaniel Rich.

Bene, è un atto di accusa. Contro la sua e la mia generazione. Perché è dal 1975, anno in cui sono nato, che si sa. Perfettamente. Che a maggior diffusione di anidride carbonica avrebbe corrisposto un innalzamento della temperatura su tutto il pianeta. E che la situazione è difficilmente reversibile.

Lo so che Lei ha bisogno di buone notizie. Che ne ha bisogno il popolo. Che la politica se ne nutre. Però c’è un però gigantesco. Presidente, dobbiamo agire. E allora il governo che nasce, anche per superare le sue contraddizioni evidenti, quasi caricaturali tra contraenti che si sono menati fino a ieri, deve porsi come obiettivo quello di salvare la terra.

Lo so che in queste condizioni un simile obiettivo può suscitare ilarità, ma solo se agirà sul fronte del cambiamento climatico questo governo, le nostre istituzioni, il nostro stesso paese potranno darsi una prospettiva. E un futuro.

Molti dicono che l’Italia è piccola, che da sola non può fare niente. Vero e falso insieme, come Lei sa. Perché l’Italia troverebbe un ruolo anche a livello internazionale se fosse uno sprone per gli altri grandi produttori e inquinatori del pianeta.

Presidente, so che Lei sa. Chieda al paese di seguirla, nominando un governo che sappia il fatto suo, il nostro. Perché nuove generazioni possano vivere, dopo di noi.

Grazie per la sua attenzione. Il tempo è finito.

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