Mancano ancora trenta libri alla fine dell’estate e della maratona che ci condurrà al festival di People di Arona sul Lago Maggiore il 21 e 22 settembre 2019.

Abbiamo parlato, l’altro ieri, dei due Jonathan, Franzen e l’atteso Safran Foer. Ieri di Alexandria Ocasio-Cortez, profondamente legata ai due, almeno dal mio punto di vista.

Oggi torniamo in Italia, per il libro dell’anno, categoria narrativa italiana.

Chi segue questo blog sa che per me si tratta de Il censimento dei radical chic di Giacomo Papi, Feltrinelli.

Ci torno, dopo averne scritto più volte, solo per dire che leggendolo trovereste gli elementi fondamentali di questa rassegna e della convinzione che parlare dei «libri degli altri» faccia bene, e molto, anche a chi di mestiere fa l’editore. Farebbe bene anche ai politici, eh.

Papi affida all’ultimo dialogo del libro il sugo della storia, che è anche il sugo della nostra situazione politica e sociale e tuttoquanto. Senza cultura insieme non si può stare.

È la cultura a costruire una vita sociale. Negare l’importanza della cultura significa negarne la possibilità stessa della società. Chi lo fa, è un pazzo, un irresponsabile. E vuole solo dividere le persone. Negando anche le persone.

Da domani torneremo a parlare di libri in cui nuotare, in cui ibernarsi (addirittura!), storie da esplorare, mondi da raccontare, in viaggio, attraverso le pagine infinite del grande libro che insieme si scrive e tutto racconta. Oggi leggiamo Papi e riflettiamo. Tre brevi citazioni, alors, come se si trattasse di un rifornimento, urgente e necessario, per poi proseguire.

«Le cose dentro i libri dimostrano che le cose dentro le persone si assomigliano».

«La cultura sono le strade su cui camminiamo, le case dove abitiamo, le parole che ci girano in bocca e che qualche altro umano, decine di migliaia di anni fa, chissà perché, ha inventato».

«La cultura è una scommessa sul fatto che alla fine ci si possa capire. Per questo può dare fastidio».

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