Le altre liste mettono l’ambiente e il clima dopo molte altre priorità, come un capitolo a parte, spesso tra gli ultimi e confusi con altre questioni.

Quando arrivano al governo, poi, ambiente e clima spariscono, come è capitato a tutti, a chi governa ora e a chi ha governato in precedenza. E c’è sempre un motivo per evitare misure consistenti per contrastare i cambiamenti climatici, come abbiamo visto nelle principali querelle degli ultimi anni. C’è sempre un altro motivo per non farlo, spesso legato all’interesse e al consenso. Perché intervenire sul clima, in molti casi, può essere impopolare, soprattutto all’inizio, soprattutto per chi trae giovamento da un’economia ‘estrattiva’ e da una posizione di rendita.

In quasi tutti i casi i partiti mettono la questione in un elenco, o in una definizione, magari nel titolo di un convegno o in una presentazione, in cui l’aggettivo-orpello green ci deve stare (lo fanno le multinazionali, del resto). E poi non ne parlano più.

Dovevano esserci i temi ambientali anche tra quelli delle politiche del 2018, e invece chi li ha più citati? Sono finiti tutti a commentare i soliti politicismi, a dire le stesse cose di sempre. Con risultati ogni volta più deludenti.
Il caso più eclatante è quello del M5s, che dall’ambiente, potremmo dire, è nato: il «no a tutto» è mestamente diventato un «sì a tutto».

Per noi non è così (ci dispiace per gli altri). Il cambiamento ci può essere solo se interviene sui cambiamenti climatici, con la stessa potenza, con la stessa diffusione. È una missione collettiva, che dà lavoro a scienziati e operai, che rilancia un paese senza una direzione di marcia e finalmente qualifica l’Europa per quello che è e deve necessariamente essere.

Molti negano, altri ancora fingono che non esista il problema, altri dicono «sono ambientalista ma» ci sono cose più importanti, altri ancora considerano l’ambiente un argomento di cui si può fare a meno. Non può più essere così.

Affrontando la pericolosa transizione, affronteremo la questione delle migrazioni, dei rapporti con gli altri paesi (vedi alla voce «guerra e pace»), del modello di sviluppo, delle disuguaglianze, dei rapporti di potere e della sua concentrazione in poche, pochissime mani.

Questo è il motivo per andare a votare.

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