Donatella Di Cesare, prefazione a Zygmunt Bauman, Stranieri alle porte, in edicola per il Corriere della Sera, a proposito di quegli «Abomini morali», come li definisce Bauman, «divenuti rapidamente ovvietà»:

La semplificazione ha un esito ulteriore: l’analfabetismo emotivo. Molteplici, talvolta persino opposti, sono i modi di escludere i migranti dal consorzio umano, di disumanizzarli. Da un canto sarebbero potenziali terroristi, quindi nemici in agguato, dall’altro merce di scambio nelle mani dei «trafficanti», o di chi li «deporta», cioè cose, non persone. Come potrebbero allora essere degni di pietà, considerazione, rispetto? A ciò contribuiscono le immagini che mostrano folle anonime, indistinte e oscure. La telecamera non si sofferma quasi mai su un volto. I migranti aggrappati ai gommoni che vanno a fondo, ammassati sulle navi che li hanno tratti in salvo, incolonnati in file interminabili allo sbarco, assembrati nei lager libici, lasciano i telespettatori indifferenti. Perché l’etica funziona grazie all’immaginazione. Si avverte responsabilità solo per coloro con i quali è possibile identificarsi. I media fanno la loro parte stigmatizzando i migranti, gridando all’«emergenza», parlando di «marea umana», quell’onda anomala che va abbattendosi su di «noi». Così i cittadini si sentono esonerati da ogni obbligo morale, chiamati a immunizzarsi, perché quelli che annegano lì, davanti ai loro occhi, in fondo «se lo meritano», già solo per quella colpa originaria di essersi mossi pregiudicando l’ordine del mondo.

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