Come Majorana, anche il capo politico del partito di maggioranza relativa è scomparso, prima di tutto dalla Sicilia. Si è smaterializzato. Non è un test nazionale, dice. E mentre lo dice tutti gli altri leader hanno messo le tende nella regione, la quarta per popolazione, la primissima per la politica, tra patti dell’arancino (!), brindisi e coalizioni che si muovono nella notte, andando a comporre nuove costellazioni.

La Sicilia «strabuttanissima» conta sui candidati con la valigia, pronti a cambiare schieramento, non appena eletti. Dormono vestiti, attendono la chiamata. Confidano in un risultato paludoso, in cui nessuno abbia i seggi sufficienti per governare. Così si può governare tutti insieme, vuoi mettere?

Oggi Micari, sostenitore del Ponte così come Musumeci, prenderà un traghetto, per lasciarsi alle spalle un disastro elettorale senza precedenti. Nel frattempo la famiglia Genovese si è trasferita in Forza Italia, i candidati di Sicilia Futura non fanno mistero di apprezzare più il candidato della destra di quello che sostengono sulla carta (e sulla scheda), proseguono le indicazioni di voto a chiasmo, in cui tutto si incrocia e si muove: è un voto disgiunto, dicono, anche dalla realtà.

Ottavio Navarra dice che «cento passi» sono una distanza tutto sommato breve da percorrere, per liberarsi di questa Sicilia politica che è una caricatura di se stessa, per sottrarsi alla schiavitù del voto condizionato (come un riflesso), per rompere con uno schema che si mangia tutto per poi sputarlo. Un percorso da fare a passo spedito, senza urlare e fare di ogni erba un fascio, con la cura e la passione per ciò che ci sta attorno, con il desiderio di fare qualcosa di giusto e di bello nella regione delle meraviglie e dei mostri.

Cento di questi passi, allora, per cambiare: non il voto e la casacca da scambiare, ma proprio tutto il resto.

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