Questa sera, nell’ambito di Proxima, a Torino, l’anteprima dello spettacolo di Giulio Cavalli e del vostro affezionatissimo.

Alla ricerca delle parole giuste. Le parole belle, precise, limpide che servono.

Il teatro come luogo della politica, volutamente paradossale in momento in cui la politica è pura finzione.

La cultura con cui non solo si mangia: con la cultura si vive, letteralmente, a maggior ragione in un mondo abbrutito e arido.

In un mondo in cui tutti parlano male degli intellettuali e la competenza e la cultura sono visti con sospetto, cose da gufi, da professoroni, da radicali e chic, e tutti intendono farsi «giustizia da soli» anche di questioni molto complesse, in un mondo così, abbiamo pensato di andare a teatro. Non per uscire dalla realtà, ma per entrarci in profondità.

L’immaginazione che consente di capire meglio questa realtà, di immaginarne, appunto, un’altra. Perché al mondo di Blade Runner si risponde con l’utopia, con la proiezione di cose grandi, con strumenti inediti per cogliere le contraddizioni, con uno sguardo largo e non provinciale sul mondo guasto che condiziona le nostre vite.

In teatro perché abbiamo bisogno noi per primi di un momento di raccoglimento e di passione, da condividere.

Perché tutti odiano e urlano, in una cacofonia da mettere tra parentesi, per provare a pensare e a parlare diversamente.

Chi parla male, pensa male e fa male, agli altri e prima di tutto a se stesso.

Non è una campagna elettorale con altri mezzi, un tour propagandistico. Tutt’altro: un momento per pensare, per ritrovarci, per riflettere insieme.

Non è per nulla un esercizio di stile. È un modo per raccontare, prima di tutto a noi stessi, quali sono le ragioni della politica nel 2017. E di un mondo feudale, in cui i re vivono in nessun luogo e da tutte le parti, i politici sono i vassalli, i servi lavorano e devono anche ringraziare per l’opportunità.

Santa Lucia viene con il castaldo, secondo un’antica tradizione popolare. Il castaldo è termine longobardo per dire vassallo, «l’amministratore delle rendite del re, posto sotto la sua immediata dipendenza, con attribuzioni civili, militari, giudiziarie e di polizia». Il vassallo è il politico di oggi, che prende atto, e serve, non si preoccupa delle concentrazioni di potere, perché dipende da esse e ad esse anela. Non vuole cambiare, vuole rappresentare: non quelli sotto, quelli sopra. È armato di buone parole, è pieno di responsabilità, ma dimentica quella solidarietà che ci definisce. E che, unica, ci dà speranza.

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